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Sala gremita, pubblico reattivo e scatenato. Ieri sera gli attivisti del Movimento 5 stelle si sono incontrati per la prima volta dopo la vittoria di dieci giorni fa. 

Appuntamento alle 21 alla circoscrizione Castellammare: tutti i posti occupati, molti restano in piedi. Una affluenza del genere non se la immaginavano nemmeno loro e tutti quegli occhi puntati addosso «sono una grossa sorpresa e un grosso peso». Gli eletti sanno che la responsabilità e grande così come le aspettative.
Un lungo striscione sulla parete dà subito il benvenuto: 21.258 grazie. E’ questo il numero di voti che il Movimento 5 stelle ha raccolto solo a Pescara (mezzo milione in tutto Abruzzo). L’atmosfera è informale, gli attivisti si abbracciano e i loro volti sono sorridenti. Qualcuno ammette che il Movimento gli ha fatto «sentire delle vibrazioni e battere il cuore dopo anni di morte sociale». Non ci sono solo giovani, c’è anche chi ha vissuto in prima linea il ‘68 e spiega di aver ritrovato la «passione di fare politica» e consiglia: «nessun accordo e nessuna fiducia, questi ci masticano e ci sputano». Si vendono magliette con la scritta boom, diventato ormai un tormentone dei grillini. 
«Dobbiamo fare ancora tutto, non c’è molto da dire, ci aspettano i fatti», apre Gianluca Colletti, 31 anni, avvocato, neo eletto alla Camera. Si lascia ampio spazio agli interventi del pubblico «perché noi dobbiamo confrontarci continuamente». Cosa fare adesso «in un momento in cui nessun ingranaggio sembra poter funzionare?» La risposta la danno gli attivisti, non gli eletti. 

Un minuto a testa a chi alza la mano e vuole dare il proprio contributo: c’è chi sfora, chi è puntuale. Gli interventi si susseguono: il parere sembra unanime: nessun accordo con Bersani, nessun accordo con i tecnici, nessun accordo con nessuno. E la platea si fa sentire con applausi scroscianti. 
«Potremmo appoggiare un governo Andreotti», dice ironico Colletti che poi ammette che il rischio più grosso, e più probabile, è una alleanza Pd e Pdl: «il pallino ce l’ha il Partito Democratico e a quel punto noi saremo l’unica minoranza». 
«Andiamo per la nostra strada e lavoriamo sodo», suggerisce un attivista. «Non lasciamoci sfuggire questa occasione, lavoriamo piano piano, un passo alla volta», dice qualcun altro. «Piano piano?», ribatte Marco, giovane disoccupato. «la gente è disperata. Il tempo dei governicchi è finito, bisognare fare in fretta, ci vuole la rivoluzione civile».
«Ricordiamoci perché siamo qui», invita Francesco D’Addario, «e accettiamo politicamente tutto quello che ci può far arrivare all’obiettivo». 
Massimo Di Renzo, candidato al senato, non eletto, sostiene che «le proposte del Pd sono irricevibili. La nostra posizione resta quella della campagna elettorale. I nostri obiettivi sono quelli scritti sul programma».

Gianluca Vacca, 39 anni, insegnante, neo eletto alla Camera, rompe tutti gli indugi: «noi dovremmo fare accordi con questi? Siamo antropologicamente diversi. Siamo coerenti. Quel viscido di D’Alema ci ha offerto la Camera. Non hanno capito un cazzo, noi siamo qui per rivoltare questo paese, sono dei poveracci. Non ci sarà alcun accordo con questi, nessun compromesso con questa gente». E la sala scoppia in una ovazione. 
Vacca ha anche accusato il Pd di voler «scimmiottare» il Movimento 5 Stelle («faranno l’elezione del direttivo in diretta streaming, sono ridicoli») e ha detto che un risultato è stato già raggiunto: «abbiamo mandato a casa il senatore Franco Marini. Vi pare poco? Poverino, ora starà in pensione a 20, 30 mila euro al mese. Ma ancora per poco perché metteremo un tetto alle pensioni d’oro. Gli abbiamo rovinato la vita». 
«Stiamo cambiando modo di far politica», ha avvertito Vacca. «Quelli hanno paura del nostro arrivo, stanno togliendo dal Parlamento i vini pregiati, hanno murato una sauna. Ma noi faremo qualcosa di grandioso, tutti insieme». 
Vacca ha invitato gli attivisti a rimboccarsi le maniche: «io valgo uno, Grillo vale uno, Casaleggio vale uno. Tutti insieme cambieremo l’Italia, l’ultima cosa che è rimasta è rivoltare questo paese». 
Non è mancato il solito attacco tipico del Movimento ai giornalisti che raccontano «la realtà distorta»: «domani scriverete sui giornali che il movimento è diviso invece noi condividiamo. Mi raccomando, scrivete bene».

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