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Tre persone sono state arrestate dai carabinieri della Compagnia di Pescara nell’ambito di un’indagine sull’usura ai danni di artigiani e commercianti di Pescara e Chieti. Diverse persone sono state denunciate.

I nomi dei tre arrestati sono: Vito Vacante, 43 anni di San Vito Chietino, Gianfranco Rossi, 46 anni di Atessa e Massimo Piccirillo, 44 anni, di Santa Maria Imbaro. L’accusa per loro è di usura continuata in concorso e sono ai domiciliari. Oltre a loro sono state denunciate quattro persone, che collaboravano portando gli assegni all’incasso. Si tratta di loro familiari, tra cui l’anziano genitore di uno dei tre. Il giro d’affari, per i carabinieri, è di qualche milione di euro e l’attività illecita sarebbe andata avanti da marzo 2009 fino a marzo scorso. Stando alla ricostruzione dei militari dell’Arma, coordinati dal capitano Claudio Scarponi, le vittime dei tre sono dieci, già accertate, cioè imprenditori (edili e di movimento terra) artigiani, commercianti e una gioielleria, attività di ristorazione e anche un ragioniere, che essendo in difficoltà economiche hanno fatto ricorso agli strozzini, pur di non abbassare per sempre la saracinesca. Nessuna di queste persone ha sporto denuncia. I militari hanno sequestrato titoli e matrici di assegni per un valore di circa 200mila euro, oltre ad appunti della contabilità, materiale informatico, denaro contante per tremila euro, 30 conti correnti intestati ai tre e ai favoreggiatori, 77 assegni senza il nome dei beneficiari (di valore non ancora quantificato), 11 assegni in bianco e 13 cambiali. Tecnicamente l’attività illecita prendeva il via con uno scambio: gli indagati si facevano consegnare degli assegni e in cambio davano ai richiedenti denaro contante di somme non corrispondenti, cioè già scontate degli interessi che ammontavano al 10 – 15 per cento per pochi giorni. Se le vittime avevano difficoltà a rispettare gli impegni assunti, gli usurai gli andavano incontro con altre somme, per cui venivano emessi altri assegni, gravati di ulteriori interessi. Il gruppo era molto determinato a raggiungere l’obiettivo della riscossione e quando non era possibile i tre ricorrevano ad aggressioni fisiche, presentandosi perfino alle 6 del mattino, e in un caso hanno indotto le vittime a simulare un falso incidente.

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