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Il segretario del Pd potrebbe risultare la persona più pragmatica tra i colleghi. Addirittura più di Mario Monti.

“Mario Monti vuole abbassare l’Irpef, Berlusconi vuole eliminare l’Imu, lei cosa vuole fare?” Questa volta a rispondere alle domande di Lilli Gruber è Pier Luigi Bersani, l’uomo dalla cravatta rossa che, dopo aver vinto le primarie contro Renzi, si conferma leader del Partito Democratico.

Siamo in piena campagna elettorale e la televisione torna ad essere uno dei mezzi preferiti dei nostri politici, i quali conoscono bene la logica del “chi non si vede, non esiste”. 
Bersani è chiaro e realista: “sull’Imu, come proponemmo all’inizio, noi non possiamo ragionare di abolizione dell’Imu, perché non esiste questa cosa, perché non sappiamo dove trovare 20 miliardi di euro, perché in tutti i paesi del mondo esiste una tassa, un’imposta sugli immobili. Dobbiamo lavorare perché le situazioni deboli vengano alleggerite, sto parlando naturalmente di prima casa che non sia Villa Arcore. Che sia una prima casa sotto una certa soglia di valore, per condizioni reddito più basse, per fare questo noi avevamo proposto di affiancare l’Imu con un’imposta personale sui grandi patrimoni immobiliari”.
Il segretario sembra quasi vestire i panni di un genitore stanco e rassegnato, con ripetitivi ed espliciti riferimenti alle proposte del PD passate, come a dire “noi l’avevamo detto”.
Un precursore dei tempi che torna a giocare la partita delle elezioni dopo il fallimento dei politici e l’esordio dei tecnici. Ma Bersani dichiara di non avere rivali, se non quelli di destra. “Sono pronto a fare accordi con moderati, europei…” “Quindi anche con Monti e la sua lista?” chiede la Gruber.
“Per l’amor di Dio. Sulla base di programmi, sulla base di cose, purché si stia nell’ambito, diciamo così, di un ragionamento nel quale ci si capisca”.
In molti si chiederanno quali sono questi punti in comune sui quali stringere accordi. Non possiamo fare a meno di ricordare che in campagna elettorale le alleanze sono le protagoniste principali. E infatti “onorevole Bersani, dopo un anno Lega e Berlusconi oggi hanno annunciato che sono tornati insieme. Questo renderà più difficile per lei conquistare la maggioranza al Senato?”
“Ma sono sempre stati assieme, questo è un revival abbastanza scontato, abbastanza inquietante. Se guardiamo l’evoluzione delle cose degli ultimi dieci anni, perché stiamo assistendo ad una cosa già vista, lunga una dozzina di anni, che ci ha messo in un mare di guai. Non sarà certo quella formula che ci può far uscire dai guai”.
Su Monti Bersani si pone una “domanda di fondo” come la definisce egli stesso, ovvero “in quale paese europeo, in quale democrazia del mondo, Francia, Germania, Spagna, Olanda, Stati Uniti le forze politiche si organizzano attorno alle persone. Io anni fa dissi non metterò mai il mio nome sul simbolo, perché uno dei guai del nostro paese è che questi meccanismi creano rigidità e instabilità. In tutte le democrazie la politica si fa con dei collettivi che rimangono a prescindere dagli uomini”.
In queste ultime parole ritroviamo tutta la filosofia che ha sempre caratterizzato il leader democratico, il quale non ha esisto a ricordare il suo appoggio alle coppie omosessuali e un eventuale provvedimento futuro che regoli le situazioni caratterizzate da conflitto di interessi.
Ad ogni modo, la realtà è un’altra. Come dice Pagliaro, “la campagna elettorale del 2013 comincia lì dove era finita quella del 2008, cioè dall’emergenza Alitalia, il cui ultimo salvataggio, nel frattempo, è costato ai contribuenti svariati miliardi”.
Questa è “la realtà di un paese che resta immobile o arretra mentre i suoi concorrenti cercano di migliorare i fondamentali per intercettare la ripresa”. Intanto, proprio questa mattina, la notizia da Firenze sul fallimento dell’ennesima azienda italiana, la Richard Ginori.


di Genny Di Filippo

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