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Questo è Stato, questa è Italia. Buffoni, che scaldano sedie in tv, che parlano e teorizzano per un mondo che verrà per mezzo dei loro servi di corte. Antonio Del Furbo

È la famosa coperta, quella troppo corta che, all’occorrenza, viene tirata dalle migliaia di fazioni che vogliono tutto e subito per il loro orticello. Sullo sfondo una penisola che sprofonda nell’indifferenza e nel menefreghismo. È l’Italia in cui c’è tutto: sbirri, manettari, giornalisti che slinguazzano ora un sedere ora l’altro, lobbisti, faccendieri, moralizzatori, mafiosi e pseudo imprenditori che campano grazie ai continui finanziamenti pubblici. L’unica cosa che manca una vera rivoluzione liberale e, soprattutto, culturale. Quelli che hanno pronte, da sempre, ricette per le nuove generazioni, oltre a chiacchierare, non sono riusciti a produrre nulla. Anzi, hanno prodotto una storia, quella di Alessandro Tedesco, un ragazzo di 27 anni disabile di Brescia e che abita con la madre. La sua parziale invalidità (50%) non gli ha permesso di svolgere una vita normale e ha chiesto aiuto alle istituzioni. Lui, Alessandro, ha chiesto aiuto ad apparati vecchi, inesistenti, del secolo scorso e che non hanno più motivo di esistere, ma ci sono. Lui, Alessandro, com’era facile dimostrare, ha avuto solo umiliazioni.

Si è incatenato in piazza per far conoscere a tutti la sua storia. Lui, Alessandro, lavorava per un supermercato alla cifra di 2 euro e 50cent al giorno. “Come faccio a vivere degnamente?” si è permesso di chiedere durante la sua protesta. “Trattatemi almeno come un immigrato”. Alessandro era lì, solo, in Piazza Loggia e ci è rimasto per sei ore, dalle 11 alle 17. Poi non ce l’ha fatta più. Lì, in quel momento, sono arrivate le istituzioni, quelle con uniformi e cappelli però. Quelle della repressione, quelle, all’occorrenza, delle manette. Quelle che intervengono a fine spettacolo per chiudere il sipario. È uno Stato senza vergogna, senza indignazione. Senza nulla. Per i Servizi Sociali del Comune gli 80 euro mensili che Alessandro percepisce sono frutto di un’attività che non può essere equiparata ad un lavoro. Insomma, Alessandro pare debba quasi ringraziare chi gli dà la possibilità di prendere quegli spiccioli. Sì, perché il buon Alessandro, che si è permesso di lamentarsi dello stipendio, dovrebbe ringraziare il Comune e baciare i piedi a tutte quelle aziende che offrono un’opportunità ai giovani fragili e incapaci di orientarsi nella jungla nera del lavoro. Questi giovani quante ne vogliono, insomma? Loro devono imparare a misurarsi con le dinamiche del mondo del lavoro e, quindi, aspirare a un impiego vero e proprio con una regolare retribuzione. 

Come si permette Alessandro di protestare? In seguito a questo, infatti, ad Alessandro è stato cancellato lo stage nel supermercato e ora è completamente a spasso. Alessandro stava compiendo una “esercitazione all’autonomia”. Alessandro, in pratica, doveva imparare a stare sulla faccia della terra e a rapportarsi con i datori di lavoro. Come dire: caro Alessandro questo è il lavoro e tu non puoi farci nulla. Anzi, ringrazia che i benefattori dell’imprenditoria ti paghino il caffè giornaliero. La protesta – ha affermato la responsabile Silvia Bonizzoni del servizio sociale – di certo non lo aiuta a presentarsi bene verso aziende che potrebbero essere interessate a dargli un’opportunità”.

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