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Tre sarebbero state le telefonate intercorse tra Palazzo Chigi e la famiglia Malacalza nei giorni roventi di fine dicembre. Dunque, il premier Conte non avrebbe giocato un ruolo di terzietà sulla vicenda Carige visto che le chiamate sarebbero arrivate a ridosso dell’ultima assemblea dei soci e alla vigilia del commissariamento della Bce.


Da una parte del telefono c’è lui, Giuseppe Conte presidente del Consiglio, dall’altra il rappresentante del socio di maggioranza del gruppo bancario. Conte di quella storia conosceva molte cose e, soprattutto, molte più persone di quanto si potesse pensare. Come riferisce Repubblica, Conte conosceva molto bene il principale avversario della famiglia per il controllo dell’istituto: Raffaele Mincione, “finanziere di lungo corso, per una cui difesa, poco prima di diventare presidente del Consiglio, aveva firmato, il 14 maggio del 2018, un parere pro veritate”. E  poi Conte conosceva anche un altro nome molto noto: il professor Guido Alpa, suo amico, maestro, e coinquilino di studio. Alpa era avvocato di Mincione, nonché ariete della cordata avversa ai Malacalza.

Le tre telefonate arrivano a ridosso dell’assemblea dei soci del 22 dicembre. In ballo c’è l’aumento di capitale da 400 milioni auspicato dall’amministratore delegato Pietro Modiano che però la Malacalza Investimenti, titolare del 27,7 per cento del capitale, non ha intenzione di far passare. Proprio Modiano, nei giorni precedenti all’assemblea, aveva raggiunto Roma più volte. Proprio in quei giorni Conte chiama due volte i Malacalza. La terza telefonata avverrà tra Conte e Vittorio, capostipite della famiglia.

Insomma Conte sarebbe intervenuto a gamba tesa su alcuni soci. Quelli, tra l’altro, in guerra perenne proprio con Raffaele Mincione. E sempre Mincione è il consigliere di amministrazione e terzo azionista della banca che aveva tentato la scalata dell’istituto genovese e che qualche mese prima, a settembre, era in tribunale a Genova a battagliare con i Malcalza che chiedevano di impedire la presentazione della lista per il consiglio di amministrazione a lui.

A rappresentare il patto Mincione-Volpe-Spinelli c’era un principe del foro: il professor Alpa, il giurista più vicino al premier Conte. Come ha documentato Repubblica, il presidente del Consiglio è stato ospite nei due studi di Alpa. I due hanno condiviso anche difese di clienti importanti e Alpa è stato anche commissario nel concorso universitario vinto da Conte. Ed è possibile che sia stato proprio Alpa a metterelo in contatto con Mincione poco prima che diventasse premier.

L’avvocato Conte in data 14 maggio del 2018 firma un parere pro veritate chiesto da una delle aziende di Mincione, la Fiber 4.0, per una questione che riguardava il controllo su Retelit, azienda che gestisce le reti telefoniche. Dunque, Conte da presidente del Consiglio prima interviene direttamente su un azionista, e poi decide su una banca il cui socio è un signore per cui, poco prima, ha lavorato. E che è assistito da un avvocato a lui molto legato.

Di admin

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