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Ora il ramo dell’inchiesta condotto dal pm Giovanni Musarò sull’omicidio andrà a passo spedito e senza sosta. Sono stati aperti, infatti, due fascicoli per falso ideologico e soppressione di documento pubblico.

di Antonio del Furbo

Gli occhi, dunque, sono puntati sull’Arma che, a quanto pare, ha nascosto la verità per 9 anni. Chi aveva l’interesse a non far uscire nulla? Proprio Francesco Tedesco che ha raccontato tutto quello che successe a Stefano Cucchi quella notte, è stato raggiunto da telefonate insistenti. Tra questi il Comandante del Nucleo carabinieri di Brindisi che gli ordina di presentarsi immediatamente in caserma dove deve essergli notificato il procedimento disciplinare “di stato”, legata alla sentenza di prescrizione della Cassazione di abuso di autorità consumato su Cucchi. Stranamente su Tedesco fu avviato un procedimento disciplinare prima che l’accertamento della verità in sede processuale sia stato concluso. Altra stranezza si ripete a settembre, in coincidenza con il secondo interrogatorio di fronte a Musarò, quando a Tedesco viene comunicato che la sua istanza di sospensione del procedimento disciplinare è stata rigettata. Due azioni che puzzano d’intimidazione. 

I giudici ora dovranno dare volti, nomi e posizioni gerarchiche di chi ha coperto la verità.

E queste sono le azioni messe in atto per coprire la verità su Cucchi.

– Falsificati il verbale di arresto e perquisizione di Cucchi;

– falsificato il registro del fotosegnalamento della caserma Casilina dove Stefano era stato pestato;

– falsificate le annotazioni della caserma di Tor Sapienza dove Stefano era stato trasferito per  trascorrere la notte in attesa del processo per direttissima;

– falsificati il registro che custodiva la nota di servizio ma anche la sequenza informatica dei protocolli interni all’Arma;

Azioni fatte sicuramente in complicità con tanti militari e di alto grado. Giuliana Tedesco, sorella del carabiniere, ha raccontato a verbale: “Nel gennaio del 2016, incontrai nello studio dell’avvocato di mio fratello, il maresciallo Mandolini insieme ai carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo”. D’Alessandro e Tedesco hanno una violenta lite, perché il primo pretende che il secondo “continui a raccontare cazzate”. “A France’ – dice – ti ricordi che Cucchi durante la perquisizione continuò a dare testate e calci contro l’armadio?”. Tedesco si scalda, ricorda la sorella: “Intervenne il maresciallo Roberto Mandolini, che si rivolse in modo paternalistico verso mio fratello dicendogli di stare tranquillo, perché tutto si sarebbe risolto”.
“Tutto si sarebbe risolto” ricorda Repubblica come quell’aria che aveva respirato anche il maresciallo Emilio Buccieri quando, nel novembre 2009, era stato convocato a una riunione negli uffici del Comando provinciale di Roma. Racconta ai pm:“Il comandante provinciale, all’epoca il colonnello Tommasone, ci sensibilizzò sulla gestione del personale, perché in quel periodo c’era stata non solo la vicenda Cucchi ma anche quella Marrazzo. L’Arma era esposta mediaticamente e in nostra difesa intervenne l’allora ministro La Russa”

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