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Umberto Veronesi ha speso una vita spesa a combattere il cancro con la ricerca. Poi le altre battaglie: quella per l’eutanasia, per la cultura scientifica, per l’alimentazione vegetariana.

L’oncologo è morto nella sua casa milanese a 91 anni. Da qualche settimana le sue condizioni di salute erano peggiorate. Era circondato dai familiari, la moglie e i figli. Veronesi avrebbe festeggiato il suo 91esimo compleanno il prossimo 28 novembre. È stato fondatore e presidente della Fondazione per la ricerca sul cancro che porta il suo nome, ministro della Sanità nel secondo governo Amato e senatore.

Veronesi è cresciuto dentro l’Istituto dei tumori di Milano, in cui è nato il suo metodo e da cui i suoi allievi lo hanno replicato in tutt’Italia. E sempre qui da noi, in Italia, gli americani vennero a sperimentare la terapia adiuvante per il carcinoma della mammella. 


A farne un grande ricercatore fu anche la chirurgia conservativa e il linfonodo sentinella.

Ha condotto una battaglia per la creazione degli Irrcs, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ma poi ha visto con amarezza che l’idea degli ospedali di ricerca è diventata uno strumento di consenso per la politica che li ha distribuiti a pioggia senza mai verificare che fossero davvero di ricerca .
 
“Oggi comunque bisogna ragionare globalmente. La ricerca è internazionale”.

Convintissimo che la ricerca pubblica è una priorità, perché senza sono le aziende a fare il bello e il cattivo tempo. A Big Pharma che decide cosa curare sulla base delle molecole che ha scoperto, e come curarci sulla base dei fatturati possibili. 

La medicina per Veronesi, è uno strumento di crescita collettiva, di progresso.

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