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Quando al canone Rai si affianca anche il canone delle tv private.

In Italia esiste solo il canone Rai e pagarlo è una vera e propria forzatura politica e, se vogliamo, amministrativa. FALSO.

Se fossimo nella Repubblica delle banane probabilmente occuperemmo Viale Mazzini e minacceremmo il direttore generale della Rai a suon di: “fuori i partiti dalla Rai”. Invece no, viviamo nella civilissima Italia e nella regione verde d’Europa: l’Abruzzo. Ogni volta che riflettiamo su queste cose spesso accade che non riusciamo ad avere un quadro completo di quello che ci accade intorno. Spesso cerchiamo di schiarire i dubbi leggendo, studiando oppure chiedendo a chi ne sa più di noi; altre volte stiamo intere settimane a fare ricerche su internet. In questo periodo c’è una cosa a cui non riusciamo a trovare il bandolo della matassa: se tutti si lamentano del canone Rai perché allora questi “tutti” non si lamentano del canone oscurato che dobbiamo pagare per tenere in piedi l’editoria privata? Secondo quale schema logico possiamo e dobbiamo contestare uno spot che ci invita a pagare il canone al servizio pubblico, pena la confisca di tutti i beni da parte di equitalia, e non possiamo e non dobbiamo scendere in piazza con i forconi per contestare gli svariati milioni di euro che dobbiamo regalare alle emittenti private? Mistero della fede, italiano! Troppo facile è sparare su un’azienda pubblica che, nel bene e nel male, offre uno spaccato ampio della società italiana.

Cari amici lettori, in Abruzzo, tanto per fare un esempio, vengono regalati alle televisioni la bella cifra di quasi 2 milioni di euro, tra finanziamenti stanziati dal Ministero per lo Sviluppo Economico – Dipartimento per le Comunicazioni- e Regione Abruzzo. A questo punto la domanda nasce spontanea: perché elargire questa ingente somma all’editoria? Vorremmo capirlo se possibile. Il finanziamento alle tv serve a garantire la pluralità dell’informazione. Falso. Se guardassimo in maniera obiettiva ciò che accade nella programmazione quotidiana dei soli tg, rimarremmo sconvolti: tutti i tg abruzzesi, tranne quello Rai appunto, offrono le stesse notizie e allo stesso modo. Come dire, un “copia e incolla” dell’informazione. A questo punto vi chiediamo: che senso ha avere 15 telegiornali regionali identici tra loro? Il contributo alla società civile è molto dubbio. Non ci sembra, quindi, che i suddetti finanziamenti servano a far emergere una qualità informativa locale di alti livelli. Si dovrebbe cercare un’alternativa al finanziamento pubblico all’editoria, specie in questo momento difficilissimo per l’economia globale.

Giunti a questo bivio abbiamo pensato di parlarne con Filippo Lucci il quale è coordinatore nazionale del Co.Re.Com e ne è presidente regionale per l’Abruzzo. 

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