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Tutto è iniziato ieri, anticipando il viaggio di diverse ore. Lo scopo, forse, di sfuggire alle contestazioni.

La situazione è drammatica e, tanto per cambiare, gli Stati hanno permesso questo scempio. A poco servono gli sforzi delle istituzioni sociali in Grecia che stanno cercando, in completa autonomia, di superare la confusione e le violazioni dei trattati internazionali causate dall’accordo del 18 marzo tra Unione Europea e Turchia. 

Tutto questo mentre ben 50.000 rifugiati erano costretti a rimanere in Grecia per via dello sbarramento della rotta dei Balcani.

Tutto è iniziato alle 9 del mattino quando a Dikili sono approdate un paio di i imbarcazioni arrivate direttamente da Lesvos. A sorvegliare i deportati, fatti scendere singolarmente, la polizia dell’agenzia per il controllo delle frontiere esterne dell’Ue Frontex. Tutti i prigionieri sono stati messi in un centro di detenzione. 

Tra i detenuti pare ci fossero solo due siriani mentre quelli provenienti da Lesbo erano 136 da Lesbo e da Chios 66. Tra loro algerini e pachistani. Non solo. Ci sarebbero altre imbarcazioni che dal porto di Atene avrebbero raggiunto la Turchia.

Natasha Burton, rappresentante della Commissione Europea, ha ordinato alla Grecia di riconoscere la Turchia come paese terzo sicuro, in modo da poter respingere i richiedenti asilo e rimandarli in Turchia. 

Osservatori della società civile a Lesbo e a Chio sono preoccupati della reale possibilità di chiedere asilo di cui hanno goduto le persone ormai deportate in Turchia. Sono riusciti a presentare le domande e, nel caso, sono state esaminate in modo opportuno? Si può pensare a possibili violazioni dell’accordo tra Unione Europea e Turchia e i trattati europei e internazionali che la Grecia è tenuta a rispettare?

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha messo a punto un progetto di ricollocamento in collaborazione con ONG quali Praksis, Arsis, Sunbeam, Nostos, Solidaritu Now e con il Comune di Atene. Il programma prevede quattro modalità di alloggio: alberghi, buoni, appartamenti autonomi e ospitalità presso famiglie. Allo stesso tempo offre incentivi economici alle comunità locali che accolgono i rifugiati.

L’ONG per lo sviluppo Concord Europe ha spiegato che l’84% del milione e più di persone arrivate in Europa viene da paesi dittatoriali o in guerra. Il diritto internazionale obbliga l’Europa a proteggerli. E, quindi, richiama all’articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 in cui si spiega che i rifugiati hanno il diritto di chiedere asilo e i paesi dell’Unione Europea devono accoglierli, senza rispedirli nei luoghi in cui possono essere uccisi.

Alessandro Dal Lago, autore di un articolo uscito sul Manifesto, ha spiegato dettagliatamente la situazione nei campi di deportazione:

“Su catamarani e altri mezzi di fortuna, ma sotto la solerte vigilanza di funzionari Frontex, è iniziata la deportazione di migranti e profughi da Lesbo e altri porti greci in Turchia. Verso dove? Nessuno lo sa. Alcuni giorni fa Amnesty International ha accusato il governo turco di espellere centinaia di siriani in Siria, in un paese, cioè in cui la guerra c’è, benché se ne parli sempre meno. Intervistata sulla questione, una funzionaria Ue ha risposto. ‘È da escludere. L’accordo tra Ue e la Turchia non lo prevede. È scritto nero su bianco’.

La Ue, racconta Del Lago, farebbe un patto con Errdogan: 6 miliardi di Euro in cambio del ritorno in Turchia di migliaia di migranti e profughi.

“Si noti: con lo stesso Erdogan che mezzo mondo, compresa l’Europa (quando le fa comodo), accusa di imprigionare i dissidenti e imbavagliare la stampa. Dunque, un paese in cui nessun controllo si può esercitare su un governo semi-dittatoriale. E ora arriva una tizia, finita chissà perché a dirigere qualcosa in Europa, a dirci che la Turchia non deporta nessuno perché nell’accordo con la Ue non c’è scritto nulla al riguardo!” 

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