Il magistrato che pretendeva sesso dalla moglie di uno che aveva fatto arrestare
Spread the love

I rapporti venivano spesso consumati nel proprio ufficio della procura di Santa Maria Capua Vetere ma anche nelle stanza della procura generale di Napoli. 

I rapporti venivano spesso consumati nel proprio ufficio della procura di Santa Maria Capua Vetere ma anche nelle stanza della procura generale di Napoli. 

Il magistrato Donato Ceglie dovrà rispondere di concussione, calunnia e violenza sessuale. Ceglie presta servizio alla sezione antiabusivismo della Procura generale di Napoli ed è molto noto e apprezzato negli ambienti giudiziari campani anche per il ruolo svolto nella lotta alle ecomafie del Casertano. Il magistrato avrebbe richiesto prestazioni sessuali alla moglie di Gaetano Ferrentino che in passato ha fatto arrestare. Ferrentino è manager amministratore della So.Rie.Co. azienda in cui sarebbero state smaltite centinaia di tonnellate di rifiuti. 

L’atto di legge

Nell’atto si legge che Ceglie:”induceva Maria Rosaria Granata, 46 anni, moglie di Gaetano Ferrentino, a instaurare e proseguire una relazione sentimentale che gli procurava indebitamente rapporti sessuali. Nel 2007 il pm segue l’inchiesta ‘Chernobyl’ e scopre una montagna di rifiuti tra Napoli, Caserta e Vallo della Lucania. Quindi sequestra l’impianto di compostaggio nel salernitano gestito dalla So.Rie.Co., in cui venivano smaltiti illegalmente quelli di quattro depuratori, e di cui Ferrentino è amministratore unico. Ceglie lo spedisce agli arresti domiciliari. Seguono un paio di anni di indagini, altri sequestri, il fallimento della So.Rie.Co. nel 2009.

A quel punto “iniziano i rapporti sentimentali e sessuali” tra Ceglie e la Granata. Ceglie s’impegna a trovare lavoro alla donna. Il magistrato ordina il dissequestro dell’impianto di smaltimento per poi affidarlo in gestione alla ‘Compost Campania’ a cui nel 2011 rilascia “indebitamente il nulla osta per riassumere Maria Rosaria Granata”. La donna non avrebbe potuto lavorare nell’azienda in quanto il ciratore fallimentare aveva ordinato alla ‘Compost’ di non impiegare persone collegabili alla So.Rie.Co dello stesso Ferrentino.

Mail di denuncia ai magistrati 

Nel 2012 iniziano ad arrivare decine di mail nelle caselle di posta elettronica dei magistrati della Procura generale e alla redazione del ‘Mattino’. “Il dottor Ceglie non è altro che un pagliaccio con la toga”, “Dottor Ceglie, rientra nelle sue inchieste portarsi a letto le mogli degli indagati? E poi sparire distruggendo i numeri di telefonici? Aspetto una sua risposta” e ancora “da tre anni chiama ripetutamente e si porta a letto con ricatto la moglie di Gaetano Ferrentino”.A quel punto Ceglie denuncia la Granata perché, spiega, “ho incontrato la signora solo per motivi istituzionali”. I pm romani pero non gli credono e lo indagano.

I rapporti di Ceglie sui rifiuti

“Veleni trasportati ed illegalmente smaltiti in provincia di Caserta sono di una tale acidità e forza corrosiva da spaccare anche l’acciaio” scriveva Ceglie in uno dei sui rapporti sulla questione rifiuti nella Terra dei Fuochi presentato alla Commissione Ambiente.

“Quando nel 1997 sono stati ascoltati i collaboratori di giustizia ed accertati i fatti – si legge in un altro rapporto – gli intombamenti, il traffico internazionale di rifiuti industriali, che genera un abbattimento sui costi dell’80%, tutti gli atti sono stati trasmessi agli enti responsabili, Sindaci, Prefetti, Presidente di Regione e Presidente del Consiglio, Ministri, tutti sono stati informati, tutti sapevano, nessuno ha agito. Sentire ora che qualcuno si meraviglia e si scandalizza delle dichiarazioni di Schiavone mi meraviglia e scandalizza molto”.

E ancora:”qualcuno all’epoca ebbe pure a dire che ero troppo zelante, che a scoprire tanti intombamenti di rifiuti tossici, bidoni ed altro, aggravavo la situazione dell’emergenza rifiuti”.

Assolto da tutte le accuse

Il 14 gennaio scorso, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato l’assoluzione del dottor Donato Ceglie da tutte le imputazioni contestate, con la più ampia formula liberatoria possibile, ovvero “perché il fatto non sussiste”, essendo stata data piena prova della sua innocenza.

“Il dottor Donato Ceglie – ci riferisce l’avvocato Fabio Viglione – è stato assolto da tutte le accuse con la formula più ampia, “perché il fatto non sussiste. La sentenza del Tribunale di Roma del 20 ottobre 2016 è divenuta irrevocabile dopo la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione in data 14 gennaio 2020”.

ZdO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Segnalaci la tua notizia