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Anno nuovo, politica vecchia. Anzi, putrida. Quest’anno oltre ai classici aumenti di gas, luce, rifiuti, ticket, c’è l’ideona (grande) del governo che si è inventata una nuova tassa.

Dal primo gennaio 2018, infatti, è scattato l’obbligo per i centri commerciali di far pagare i sacchetti per frutta e verdura. La legge era stata approvata lo scorso agosto (chissà perché solo oggi desta scandalo) e prevede che i sacchetti di plastica leggeri e ultraleggeri siano biodegradabili. E siccome la legge bisognava presentarla con un certo tono, “i ministri del nulla” ce l’hanno servita (la legge) con un decreto legge 2017 n. 123, chiamandola Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno”.

Giusto per intenderci, insomma, supermercati e altre attività commerciali non potranno continuare a usare i normali sacchetti leggeri ma devono sostituirli con sacchetti biodegradabili da far pagare ai clienti, come già succede per le normali buste della spesa.

Non finisce qui. L’attento legislatore ha stabilito persino che le borse ultraleggere dovranno essere composte da materiale biodegradabile per un minimo del 40 per cento dal primo gennaio 2020; percentuale che dovrà salire poi al 50 per cento, e dal primo gennaio 2021 al 60 per cento. Chi non rispetta la nuova legge sarà punito con multe dai 2.500 a 25 mila euro. Dunque, dopo l’aumento de 5,3% dell’elettricità e del l 5% del gas, arriva anche la “tassa” sulla busta.

E, ovviamente, la storia non finisce qui.

Il 3 agosto 2017 viene approvato in commissione, con voto compatto del gruppo del Pd, l’emendamento che introduce il balzello. In pieno clima di ferie, ovvio. E, forse per caso, il Parlamento ammette l’esigenza di accelerare la norma infilandola in una legge che non c’entra proprio nulla, ovvero il Decreto Legge Mezzogiorno.

Motivo? Il provvedimento dovrebbe portare sviluppo al Sud. Strano però, perché dei frutti del provvedimento firmato dalla deputata Dem Stella Bianchi, saranno goduti molto più a Nord.

Se da una parte l’Europa impone la riduzione del consumo di plastica, dall’altro il Pd aggiunge un meccanismo che vieta ai supermercati di regalarli ai clienti, pena una multa fino a 100mila euro.

Una misura che si propone di ridurre il consumo di plastica ma che vieta il riciclo dei sacchetti. E, tra l’altro, da casa è fatto divieto portarsi borse o contenitori di tipo diverso che finiscano a contatto diretto con gli alimenti e con le bilance.

Dunque, se non posso portarmeli da casa e non ho altre alternative che usare quelli forniti dal supermercato, il disincentivo del pagamento, obbligatorio per legge, non può scoraggiare il consumo. 

La norma, comunque, sgrava la grande distribuzione, come la Coop ad esempio, dal costo degli shopper, riversandolo sul cliente. Ma non è poi un grande vantaggio, perché i negozi dovranno fronteggiare la rabbia dei clienti. 

Al momento, ad applaudire sono i vertici di Assobioplastiche, il cui presidente, Marco Versari, è stato portavoce del maggiore player del settore, la Novamont.

Tutto qui? Manco per niente. C’è dell’altro.

L’amministratore delegato della Novamont è Catia Bastioli, una manager che nel 2011 ha partecipato come oratore alla seconda edizione della LeopoldaNel 2014, pur mantenendo l’incarico alla Novamont, viene nominata presidente di Terna, colosso dell’energia elettrica italiana. A giugno 2017 Mattarella la nomina cavaliere del lavoro.

La Novamont è l’unica italiana a produrre materiale per la produzione dei sacchetti bio detenendo l’80% di un mercato che, dopo la legge, diventa molto interessante.

I sacchetti saranno venduti in media a due centesimi l’uno. Le stime dicono che ne consumiamo ogni anno 20 miliardi. Potenzialmente dunque, è un business da 400 milioni di euro l’anno.

“Dovremo fare ulteriori sforzi per valorizzare questa eccellenza italiana” disse Renzi il 15 novembre scorso facendo tappa alla Novamont con il suo treno.

E non si dice che Renzi non manitene le promesse.

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