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La procura dell’Aquila ha Chiesto il rinvio a giudizio per cinque persone sull’affaire Giovanardi.

La dura legge italiana non guarda in faccia proprio nessuno: la Procura della Repubblica di L’Aquila ha chiesto il rinvio a giudizio di 5 persone, tra le quali spicca il nome di monsignor Giovanni D’Ercole. Uomo forte del Vaticano, attualmente vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di L’Aquila e precedentemente capo ufficio della Prima Sezione della Segreteria di Stato, D’Ercole risulta essere indagato per la faccenda dei “fondi Giovanardi” ed è accusato dal pm titolare dell’inchiesta di aver rivelato ad uno degli altri indagati l’esistenza delle stesse indagini. 
Riassumendo questa lunga vicenda, fatta anche e soprattutto di intercettazioni telefoniche: un manipolo di “creativi del far soldi” avrebbe ingannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri ottenendo ingenti somme di denaro. Come se non bastasse, inoltre, i signori Fabrizio Traversi, Gianfranco Cavaliere, Silvano Cappelli e Nicola Ferrigni promuovevano la costituzione di una Fondazione attraverso la quale raggiravano numerosi soggetti privati ed istituzionali con informazioni false riguardanti le finalità della stessa Fondazione. D’Ercole aveva aderito a tale Fondazione, che stando a Traversi e Cavaliere non aveva fini di lucro, per conto della Curia aquilana.
Certo è che, se fosse vera l’ipotesi secondo la quale il vescovo D’Ercole avrebbe riferito ad uno degli altri indagati la presenza dell’inchiesta, qualche dubbio del suo stesso coinvolgimento viene. Perché avrebbe dovuto fare la “soffiata”? Nel momento in cui ci si rende conto che esiste un’indagine su una Fondazione che si appoggia, seppur dall’esterno, quale sarebbe l’esigenza di avvertire gli indagati di questa cosa? Le carte e i giudici chiariranno questi e altri più importanti dubbi. Speriamo solo che non passi l’idea per la quale chi riveste ruoli sacri non possa essere giudicato in maniera limpida e trasparente dallo Stato italiano. 
Male tempora currunt…

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