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È morta questa mattina l’attrice del cinema softcore degli anni settanta. Ed è morta da sola, nella sua casa di Ladispoli. Morta dopo anni difficili in cui la vicenda giudiziaria ha:“senz’altro influito in modo determinante sulla destabilizzazione psichica dell’Antonelli”.

“In tutti questi anni mi aspettavo che a Laura fosse concessa la legge Bacchelli. Credevo che sarebbe morta di solitudine e così è stato. Qualunque sia la causa della sua morte, per il 90% è dovuta alla solitudine. L’avevano lasciata troppo sola. Era una buona, un’altruista, si fidava di tutti, e tutti ne hanno abusato. Le hanno soltanto rubato soldi e gioielli”. Sono le parole di Lino Banfi arrivate subito dopo che l’attore ha saputo del decesso dell’attrice. Banfi si è battuto affinché alla Antonelli venissero concessi i benefici della legge Bacchelli, che mette a disposizione un fondo a favore di cittadini illustri che si trovano in un particolare stato di necessità. “Era sfiduciata ormai da tutto, dalla vita, dal mondo dello spettacolo e non voleva vedere nessuno. Io ero un’eccezione, sono riuscito a vederla anche negli ultimi tempi. Sono riuscito ad aiutarla finanziariamente.”

La vita di Laura Antonelli subisce un duro colpo la notte del 27 aprile 1991, quando nella sua villa di Cerveteri vengono trovati 36 grammi di cocaina. Per questo fu condannata in primo grado a tre anni e sei mesi di carcere per spaccio di stupefacenti. Solo nove anni dopo, la Corte d’appello di Roma la riconobbe consumatrice abituale di stupefacenti e non spacciatrice. Lo Stato la risarcì con 108mila euro oltre agli interessi, per i danni di salute e di immagine patiti a causa della “irragionevole durata del procedimento” a suo carico. Ma il destino dell’attrice viene segnato: da lì cominciò a patire lunghissimi momenti di disagio psico-fisico portandola a ritirarsi in solitudine. Sì perché quella sera dell’arresto fu portata in una cella del carcere femminile di Rebibbia, in isolamento. 

Il dicastero della Giustizia interpellò, durante il processo, lo psichiatra Francesco Bruno per stabilire se lo stato dell’attrice, fosse dovuto all’assunzione di cocaina o se fosse configurabile un nesso di causalità con la durata del processo penale. La donna era alle prese con ideazioni deliranti a contenuto mistico e allucinazioni uditive. “La lunghezza della vicenda giudiziaria aveva senz’altro influito in modo determinante sulla destabilizzazione psichica dell’Antonelli” dichiarò lo psichiatra. E aggiunse:“Il nesso di causalità tra i due eventi appare dunque ben confermato sia per i criteri temporali, sia per quelli modali, sia per quelli di efficienza lesiva”.

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