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Per gli amici era Toni, un ex idraulico finito per strada dopo aver perso, oltre al lavoro, anche il proprio appartamento.

Viveva in un’auto abbandonata sotto il suo vecchio condominio. Si era rifugiato in quel piccolo spazio per cercare di andare avanti, tra sofferenze e umiliazioni. Il giorno in giro per le vie di una città, Verona, simbolo del nord-est opulento che, diciamocelo francamente, non ha tempo di guardare negli occhi i propri figli. Troppi soldi da contare, troppi egoismi da soddisfare. Di notte in auto a cercare un motivo per andare avanti.

Luigi era un simbolo, un amico, una persona caduta in disgrazia, capace di attrarre i cuori di chi, ogni giorno, gli donava pochi spiccioli per mettere su un piccolo pranzo al sacco. E lui ce la faceva. Si accontentava. Vagava per le strade in cerca di conforto, di parole di conforto. Non dava fastidio a nessuno. Ma nessuno era in grado di dargli, evidentemente, quel po’ d’amore per salvargli la vita. Magari un pasto caldo. Magari un lavoro. Magari un tetto dove stare. Magari un attenzione in più per reinserirlo nei binari di una società che espelle in un attimo e che, difficilmente, ridà il permesso per rientrare.

Una società che in un batter d’ali di farfalla ti toglie un lavoro e una casa. La stessa che poi ti bussa al vetro dell’auto e si accorge che sei morto.

Proprio lei, ipocrita come sempre.

Antonio Del Furbo

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