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Ogni anno la gestazione della manovra di bilancio e’ fatta di una proposta di Disegno di Legge (approvata dal governo verso metà ottobre) e una legge definitiva approvata dopo circa due mesi e mezzo di iter parlamentare entro il 31 dicembre.

Tutti gli anni la legge finale (quella di fine dicembre) è profondamente diversa da quella di metà ottobre, come normale in un sistema parlamentare. Tuttavia quest’anno si è deciso di rappresentare tutto ciò come “scontro”, “caos”, “ricatto”, “sabotaggio”, “ultimatum”.

Ma non facciamo polemiche, e veniamo alle novità principali che mettono a punto la proposta. Quella che nei prossimi due mesi e mezzo verrà analizzata, discussa e modificata dal Parlamento, come prevede la Costituzione.

(Nota per i puristi: alcune delle seguenti misure non sono nel testo del DDL Bilancio bensì in un parallelo Decreto Legge Fiscale, come è costume da qualche anno):

1) dopo aver evitato il più grande aumento di tasse sui consumi della storia della Repubblica (23,1 mld di aumento – o “rimodulazione”.. – dell’IVA), dopo aver evitato ogni aumento di tasse nel settore agricolo o sul gasolio e dopo aver evitato ogni tassa sui telefonini aziendali, sono stati evitati anche significativi inasprimenti del sistema fiscale per le partite Iva fino a 65.000 euro di fatturato. Che non saranno tenute (ne’ incentivate) a tenere la contabilità analitica, ma potranno continuare a dedurre forfettariamente i costi come hanno sempre fatto, evitando inutili complicazioni. Rimane il divieto di cumulo per chi ha un lavoro dipendente superiore a 30.000 euro annuì. In poche parole, se Luigi Marattin – col suo ottimo reddito da parlamentare – vuole aprirsi una partita iva, ci paga le tasse secondo la normale Irpef, e non come un ragazzo che ha nella sua attività autonoma la sua unica fonte di reddito.

2) dalla proposta di legge di bilancio non siamo riusciti a eliminare due modesti incrementi di tassazione rispetto al 2019 (la tassa sulle bevande zuccherate e un piccolo incremento per la cedolare secca sugli affitti a canone concordato), che complessivamente valgono meno di 400 milioni. Compatibilmente con il rispetto dei saldi, proveremo a eliminarle durante i due mesi e mezzo di discussione parlamentare.

3) le imprese sane non dovranno più fare il lavoro dell’Agenzia delle Entrate quando incaricano un’altra impresa di svolgere un lavoro. Se l’impresa appaltatrice esiste da 5 anni e non ha debiti importanti col fisco, l’impresa che gli affida i lavori può continuare a pensare al suo mestiere (produrre) invece che svolgere il lavoro che dovrebbe fare il fisco.

4) i professionisti non dovranno tenere due conti correnti separati (uno personale e uno specificatamente dedicato alla professione) perché questa roba fa parte del fisco di 50 anni fa, e non di quello telematico del futuro (e in parte del presente).

5) nessuno slogan su contanti e pos. Parte tutto dal 1 luglio e con gradualità nei prossimi tre anni: diminuzione della soglia, riduzione delle commissioni per pagamenti elettronici e sanzioni per esercenti che non hanno Pos. Ma tutti come lati di una stessa strategia, coerente e seria. Se non c’è una cosa, non c’è neppure l’altra. Perché una economia con meno contanti è positiva per tutti, ma che la lotta all’evasione passi da qui è una gigantesca distorsione della realtà (passa invece attraverso fisco telematico, incrocio di banche dati potenziato, contrasto di interessi: tutte cose presenti in manovra).

6) le pene massime già esistenti per due singole fattispecie di reato fiscale (e solo per un ammontare evaso superiore a 100 mila euro) passano da 6 a 8 anni, e solo dopo che il parlamento avrà discusso le norme e verificato gli effetti. Ora, io non so se – come dice qualcuno – trattasi di “riforma epocale”. So che, come riposta oggi Il Sole 24 Ore, ad oggi in carcere per reati tributari ci sono 281 persone: di questi, 217 in quanto condannati e 64 perché il giudice ha ritenuto opportuno applicare la misura cautelare in quanto c’è o pericolo di fuga, o di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato (come la legge prevede, e come continuerà a prevedere, senza modifiche). So che ad oggi gli evasori in galera sono molto pochi non perché le pene siano basse, e so che certamente non ci saranno più ladri in galera solo perché la pena massima aumenta di 24 mesi. So che, probabilmente, il motivo sta nel fatto che i processi sono troppo lunghi e che probabilmente dovremo pensare di dedicare una magistratura apposita per questo tipo di reati. Ma per affrontare questo discorso servirebbe che la politica italiana – tutta – abbandonasse la “sindrome del titolo del giornale” e si dedicasse a studiare i problemi nella loro complessità, e a proporre soluzioni reali.

Il testo della proposta di manovra di bilancio e’ complessivamente buono (soprattutto per aver evitato ogni forma di aumento Iva). E il merito è di tutte le forze di maggioranza, collettivamente. Il gioco del “chi ha vinto” o dele bandierine (che spesso appassiona parte dei media) è incompatibile con chi abbia come unica missione il cambiamento del paese e il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini.

Nei prossimi due mesi e mezzo, come ogni anno accade, lavoreremo lealmente per provare a migliorare ulteriormente la manovra, compatibilmente con il quadro di finanza pubblica.

Perché questo è quello che accade ogni anno. Tranne l’anno scorso, in realtà: quando il governo presentò il vero testo della manovra il 22 dicembre, e lo fece approvare dopo una settimana (e con Natale di mezzo) senza che nessun eletto dal popolo potesse anche solo sfiorare le norme.

Diciamo che almeno questo, stavolta, proviamo ad evitarlo.

 

Luigi Marattin – vicecapogruppo alla Camera di Italia Viva

 

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