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L’inchiesta Krimisa ha evidenziato che, nonostante tutto, pezzi dello Stato sono convinti che quando c’è di mezzo la ‘Ndrangheta è meglio far finta di nulla.

Non importava se i boss, nel frattempo, si spartivano parte del nord e le persone oneste denunciavano soprusi e intimidazioni.

“Il segnale mandato dalle autorità (di Cantù, ndr) e dal contesto sociale è bruttissimo: facciamo finta di niente, fatevi i fatti vostri, gli stessi messaggi che erano tipici di alcune realtà siciliane di qualche anno fa. Cantù come Locri? Ma figuriamoci”

Queste le parole del capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Alessandra Dolci, ospite mercoledì sera al convegno Vite di Mafia. L’allarme lanciato è sul clima di paura che avvolge il processo contro i “rampolli della ‘ndrangheta comasca” in corso di svolgimento presso le aule del Tribunale di Como. Un processo dove proprio il Comune non ha voluto costituirsi parte civile e dove i testimoni che avevano denunciato le aggressioni e le estorsioni subite hanno ritrattato le testimonianze. Non solo: in alcune udienze l’aula è stata sgomberata dopo che i parenti degli imputati avevano minacciato contro il pubblico ministero.

“Non mi sento di criticare l’atteggiamento di questi testi perché se fossero stati accompagnati dalla cittadinanza forse avrebbero avuto il coraggio di testimoniare e invece si sono sentiti abbandonati dallo Stato” spiega ancora la Dolci.

L’inchiesta Krimisa è partita nell’aprile 2017 e ha documentato la capacità dell’associazione di infiltrarsi negli apparati istituzionali dell’area di Varese. Dalla seconda metà del 2016 era in corso un processo di ridefinizione degli assetti organizzativi della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, a seguito della scarcerazione di due boss condannati nei processi Infinito e Bad Boys e ora in contrasto tra loro. Tensioni risolte con l’intervento di Vincenzo Rispoli e di Giuseppe Spagnolo, al vertice della cosca Farao-Marincola che comanda nell’area di Cirò Marina e in stretto contatto con quella di Legnano-Lonate. Gli investigatori sono riusciti a documentare alcuni incontri organizzati per decidere come risolvere le controversie e assegnare territori e competenze agli affiliati.

Sempre secondo l’inchiesta nelle mani dei presunti ‘ndranghetisti sarebbero finite la gestione del Parking Volo Malpensa e il Malpensa Car Parking, sequestrati dal gip del Tribunale di Milano Alessandra Simion assieme a metà delle quote della società Star Parkings. Beni per un valore complessivo di 2 milioni di euro.

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