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Più volte è stato citato, durante il processo, Sandro Pertini quel compagno di Ottaviano Del Turco che lo stimava oltre che per le doti politiche anche e soprattutto per quelle umane. 

Più volte è stato citato, durante il processo, Sandro Pertini quel compagno di Ottaviano Del Turco che lo stimava oltre che per le doti politiche anche e soprattutto per quelle umane. 

«Aver vissuto 60 anni come Ottaviano Del Turco e 60 anni come Angelini non è la stessa cosa e non è un problema da cui non potete prescindere quando dovrete decidere se credere a un fatto detto da uno e negato dall’altro». Sono le parole dell’avvocato Caiazza difensore di Del Turco con cui, questa mattina, ha aperto l’arringa finale. Ha poi aggiunto:«è stato leader al vertice del movimento socialista operaio italiano e del più grande sindacato comunista italiano. È stato anche curatore della fondazione Pertini a Savona. Del Turco era un frequentatore quotidiano della casa di Pertini ed era uno dei riferimenti politici e socialisti di Pertini». Un’arringa che ha spiazzato anche i più assidui frequentatori dei palazzi di giustizia pescaresi. Un’arringa che è andata oltre le i tecnicismi e i classici copioni. Una verità suggerita alla difesa, tra l’altro, dal pm Bellelli che ha citato Pertini durante il processo. 

Pertini, l’uomo della integrità morale

Il partigiano Pertini lottò per un’intera vita contribuendo, tra l’altro, alla liberazione dall’Italia fascista. Socialista vero, uomo vero. Tante furono le battaglie politiche che condusse così come celebri e pungenti i suoi discorsi da presidente della Repubblica.

Nel discorso di fine anno del 1982 parlò esplicitamente del problema mafioso: 

«Vi sono altri mali che tormentano il popolo italiano: la camorra e la mafia. Quello che sta succedendo in Sicilia veramente ci fa inorridire. Vi sono morti quasi ogni giorno. Bisogna stare attenti a quello che avviene in Sicilia e in Calabria e che avviene anche con la camorra a Napoli. Bisogna fare attenzione a non confondere il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano con la camorra o con la mafia. Sono una minoranza i mafiosi. E sono una minoranza anche i camorristi a Napoli. Prova ne sia questo: quando è stato assassinato Pio La Torre, vi era tutta Palermo intorno al suo feretro. Quando è stato assassinato il generale Dalla Chiesa, con la sua dolce, soave compagna, che è stata più volte qui a trovarmi, proprio in questo studio, tutta Palermo si è stretta intorno ai due feretri per protestare. Quindi il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano sono contro la camorra e contro la mafia».

Del Turco:«Non ho mai voluto si parlasse della mia malattia»

Alla fine dell’arringa di Caiazza, Del Turco, con il suo avvocato si è spostato nel bar prendere un caffè. Ho scambiato due parole a volo. L’ho visto provato ma sereno. Poi ho pensato che uno stato mentale del genere fosse difficile da comprendere. Poi, però, ho ricordato una recente intervista in cui lui ha dichiarò:««Io non ho voluto che si parlasse della mia malattia, e ho evitato in ogni modo che si desse pubblicità alla cosa. Ho temuto che si stabilisse una sorta di equivalenza tra la vicenda di Tortora e la mia. Conosco la regola secondo la quale se una cosa si manifesta due volte allo stesso modo, e la prima è stata un dramma, la seconda rischia di essere una farsa. Il silenzio è stata la mia forma di autodifesa». Per la prima volta l’ex governatore parla della sua malattia, quella stessa malattia che gli ha impedito di disertare l’aula del tribunale di Pescara in tutti questi anni. Una malattia provocata, forse, per il terremoto che ha investito la sua vita professionale e privata. Non lo dice ma noi lo diciamo: un caso Tortora per come è stato trattato e che va aldilà di una eventuale condanna di primo grado. L’uomo Ottaviano umiliato e deriso da editoriali di stampa sulla sua non presenza fisica al processo. Ecco svelato l’arcano. Quanti, tra quelli che lo hanno sbeffeggiato hanno   il coraggio di riconoscere le invettive contro di lui? Nessuno. I vermi dell’informazione non hanno scheletro e non hanno anima. Sono portatori d’interesse e amano rifugiarsi sotto il mantello della Procura sempre e comunque. 

Trifuoggi:«stavano per essere assunte decisioni che avrebbero portato alla rovina la sanità abruzzese»

«Durante l’amministrazione della Regione che ha preceduto la mia, Angelini era definito “il vitello grasso” della sanità abruzzese» racconta Del Turco in un’intervista a tempi. «La sua era la clinica che aveva realizzato il più alto numero di ricoveri impropri. Il 15 luglio 2008, il giorno dopo il mio arresto, avremmo dovuto firmare una delibera di giunta che avrebbe stroncato quel modello di sanità, decidendo di fissare un numero di posti letto e nuove tariffe per i ricoveri e le terapie che mettevano in discussione un sistema fatto solo di illeciti. A questo proposito ricordo che nella conferenza stampa dopo il mio arresto, il procuratore Trifuoggi spiegando la fretta con cui venivano eseguiti gli arresti, tra le motivazioni mise anche il fatto che “stavano per essere assunte decisioni che avrebbero portato alla rovina la sanità abruzzese”. Nessuno dei giornalisti presenti chiese quali, ma tutti oggi sanno che quelle decisioni erano controlli severi su ogni posto letto delle cliniche e riduzioni dei costi delle terapie e degli interventi».

E se fosse un vero caso Tortora quando ce ne accorgeremo?


di Antonio Del Furbo



 

 

 

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