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La cosca mafiosa di Pietraperzia finisce alle sbarre dopo un’operazione coordinata dalla Dda di Caltanissetta.

Oltre 80 i militari, supportati da unità cinofile per la ricerca di armi e droga, e da un elicottero del Nucleo di Catania. Le accuse per gli indagati sono di associazione mafiosa, traffico di droga e detenzione illegale di armi e munizioni. L’indagine ha fatto luce sulle dinamiche mafiose di Cosa nostra nell’ennese, luogo in cui il clan esercitava il suo potere attraverso le richieste di pizzo e intimidendo e minacciando chi si ribellava. 

Gli investigatori hanno accertato che in più occasioni venivano organizzate vere e proprie esercitazioni di tiro presso improvvisati poligoni nelle campagne di Pietraperzia, il controllo delle attività delittuose della criminalità comune. Il clan interveniva per dirimere qualsiasi controversia tra privati cittadini come mediatori di Cosa nostra, e, inoltre, era in grado di essere sempre informato sulle attività delle forze dell’ordine in paese. 
Una richiesta estorsiva per svariate magliaia di euro è stata accertata ai danni di un’impresa edile il quale, tramite un appalto pubblico di 6 milioni di euro, doveva  provvedere alla manutenzione dell’autostrada A/19. Il clan pretendeva l’assunzione di alcuni soggetti appartenenti o vicini alla famiglia mafiosa di Pietraperzia.
Ingenti quantitativi di cartucce di vario calibro e varie parti di armi sono stati sequestrati.

Nelle intercettazioni riportate nel video uno del clan racconta:

“Un Winchester come quello che avevo una volta, una 44 magnum, un fucile a pompa con il laser”

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