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Vi ricordate ancora, per caso, i giorni (troppi) in cui bisognava “salvare” la Costituzione da spregiudicati uomini di potere? Vi ricordate quante ne sono state dette sul referendum che voleva, in qualche modo, portare delle modifiche alquanto risibili rispetto alla “vera” riforma di cui l’Italia avrebbe veramente bisogno? Io non solo ricordo interviste e fatti, ma anche le facce di tutto l’arco costituzionale.

 di Antonio Del Furbo 

Tutti uniti, dall’estrema destra all’estrema sinistra, contro una proposta di Riforma avanzata dal governo Renzi e “curata” dall’ex ministro Boschi. Un referendum, in sostanza, che è stato bocciato ma che è riuscito a darci grosse soddisfazioni, a noi comuni mortali e “ironici” del web: ha fatto sbaciucchiare politici che fino al giorno prima non avrebbero preso insieme nemmeno un caffè.

Il terzo referendum costituzionale nella storia della Repubblica Italiana ha generato amori tra forzisti e comunisti, tra berlusconiani e camussiani, tra rifondaroli e casapoundini. E, ricordo anche, il Salvini che incitava la folla al No “per salvare l’Italia dallo statalismo”, e il Bertinotti (sì, il compagno ‘finito’ in Comunione e Liberazione) che votava lo stesso No per non “far affossare la Costituzione”. 

Insomma, da una parte uno che ha sempre militato in un partito che sognava federalismo fin da quando “il trota” si laureava in Albania, dall’altra uno che lo statalismo lo ha sempre difeso con tanto di sigaro cubano e maglietta 100% cashmere. Federalismi e statalismi che si mischiavano con il sogno di Renato Brunetta di rimettere insieme “tutte le destre per vincere”.

E i 5 stelle? I grillini, anche loro per il No.

“Basta dare un’occhiata ai testimonial di questa riforma: prima si è spesa per il “sì” la JpMorgan, poi Obama, qualche giorno fa la Merkel attraverso il suo ministro degli Interni. Insomma, che sia Berlino a dare la sua benedizione è tutto dire. La Merkel aveva benedetto anche il Jobs Act di Renzi, infatti oggi i numeri Inps ci dicono che il mercato del lavoro è stagnante e l’unica cosa che cresce in Italia è la libertà di licenziare i lavoratori: tra gennaio e agosto 2016 i licenziamenti sono aumentati del 4,7%. Non dobbiamo stupirci, gli interessi di Usa, banche e dei Paesi del nord Europa sono inversamente proporzionali a quelli dei cittadini italiani ed erodono la nostra sovranità”.

A parlare così, a novembre 2016, era Luigi Di Maio, vice presidente della Camera che sosteneva anche che:

“La riforma non è una forzatura del Governo. È stata discussa a lungo con 83 milioni di emendamenti”.

Bene. Molto bene. Oggi però, a distanza di poco più di un mese dalla vittoria del fronte del No, Di Maio, affrontando il problema dei cambi di casacca in politica, scrive:

“Chi cambia casacca, tenendosi la poltrona, dimostra di tenere a cuore solo il proprio status, il proprio stipendio e la propria carica. Non so voi, ma a me piace l’art 160 della Costituzione del Portogallo”

E cosa dice l’articolo 160?

“Perdono il mandato i Deputati che s’iscrivono a un partito diverso da quello per cui erano stati eletti”.

Sì, ma il presidente non aveva difeso la nostra Costituzione? Cosa c’entra ora quella del Portogallo? C’è qualcuno, infatti, che su Facebook gli fa notare un particolare:

“Se sei il vicepresidente della Camera dei Deputati, dovresti sapere che l’articolo 67 della costituzione italiana, costituzione che tanto avete difeso, recita che ‘Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato’. 
Il Portogallo è l’unica ad avere il vincolo di mandato”. 

Strano che Di Maio sia attratto da un articolo in vigore in Portogallo, appunto, e in Paesi come Bangladesh, India e Panama. Ricorderei al presidente, che durante i lavori dell’Assemblea Costituente, tra il 1946 e il 1947, la questione del libero mandato venne discussa ampiamente. Tra i relatori di allora, ci fu il giurista Costantino Mortati, che disse:

“Sottrarre il deputato alla rappresentanza di interessi particolari significa che esso non rappresenta il suo partito o la sua categoria, ma la Nazione nel suo insieme”.

Questo, poi adottato a maggioranza, fu il senso di quel principio tutelato nella Costituzione entrata in vigore nel 1948.

E pensare che le forze politiche del “No’ avevano detto che si sarebbero messi intorno a un tavolo per discutere “seriamente” della riforma costituzionale. Magari ognuno prenderà un articolo della Costituzione applicato da un Paese che più gli sta simpatico.

Speriamo non Paesi dittatoriali o con la pena di morte.

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