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Sono ben 30 i vice direttori Rai. Tra questi, 17 sono stati confermati e 13, invece, sono entrati con il nuovo esecutivo.

Vice direttori che ora diventano ex e che rimangono in azienda senza fare nulla. Procedure di designazione forse non corrette e due giornalisti infine assunti all’esterno in un’azienda che pure conta 1600 cronisti. Il deputato del Pd Michele Anzaldi mette in fila queste contestazioni al vertice della tv di Stato in un doppio esposto alla Corte dei conti e all’Autorità Anti corruzione.

“Il 13 dicembre – scrive Anzaldi – l’amministratore delegato della Rai ha comunicato al consiglio di amministrazione la nomina di 29 (ventinove) vicedirettori nelle testate giornalistiche Tg1, Tg2, Tg3, Tgr (Testata giornalistica regionale) e Giornale Radio e di un condirettore alla Tgr, determinando tra l’altro un significativo aumento degli organigrammi precedenti (+25%) in assenza di apprezzabili modifiche organizzative. Nella stessa seduta consiliare l’amministratore delegato annunciava importanti tagli” ai  budget di produzione alle reti “come conseguenza della decisione del governo di non corrispondere alla Rai per il 2019 l’extragettito da canone”.

Il punto ora è capire se le nomine abbiano violato la Convenzione fra il ministero dello Sviluppo Economico e la Rai; il Contratto di servizio; il Piano di prevenzione della corruzione; infine il Piano per la trasparenza.
  
Secondo la Concessione e il Contratto di Servizio la Rai è obbligata “al raggiungimento di obiettivi di efficienza aziendale”. E sempre il Contratto di Servizio chiede alla Rai di varare il Piano industriale, il Piano editoriale e il Piano di riforma delle testate giornalistiche potendone prevedere anche la rimodulazione del numero. “La Rai ha chiesto al ministero una proroga del termine che è stata concessa sino al mese di marzo”.

Accade, dunque, che invece di varare la riforma delle testate giornalistiche, di ridurne il numero come stanno facendo tutte le televisioni europee e di contenere le posizioni di vertice, Viale Mazzini nomina 29 vice direttori, di cui 13 nuovi, in numero che potrebbe essere “sovrabbondante”

Inoltre la tv di Stato aveva anche l’obbligo di segnalare ai dipendenti che si sarebbe proceduti alle nomine attraverso lo strumento del job posting, in modo che chiunque potesse candidarsi all’incarico inviando un curriculum. Ma non lo ha fatto. Il job posting ha però permesso l’assunzione di “due giornalisti con il ruolo di portavoce/addetto stampa di presidente e amministratore delegato”. 
 
Ad aggravare il danno economico – insiste Anzaldi nei suoi esposti – il fatto che “non è stata affidata alcuna funzione operativa ai vicedirettori non confermati, che vanno così ad aggiungersi agli altri dirigenti giornalisti senza incarico perché non ricollocati”. Circostanza che causa anche un forte “rischio di contenzioso ( a novembre ad esempio la Rai è stata condannata risarcire 180.000 euro a un vicedirettore giornalista al quale non era stato affidato un incarico equivalente dopo la sua rimozione)”.

Anzaldi chiede se “si configura una responsabilità degli amministratori” in termini di “danno patrimoniale” per la presunta violazione dei “criteri di prudenza, economicità ed efficacia cui devono attenersi soprattutto gli amministratori pubblici”.  

La Rai ribatte al parlamentare del Pd: “Abbiamo sempre operato nel rispetto delle leggi e delle regole di cui l’azienda si è dotata”.

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