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Altro tribunale, altro giudice, altra sentenza. L’emittente leader d’Abruzzo, dopo aver messo alla porta da un giorno all’altro una sua dipendente, incassa l’ennesima sconfitta giudiziaria.

A mettere con le spalle al muro per la seconda volta l’emittente abruzzese, questa volta è stato il giudice del lavoro del Tribunale di Chieti, Laura Ciarcia, che ha rigettato in toto il ricorso presentato da Rete 8 che contestava, in sostanza, l’ordinanza emessa dallo stesso tribunale teatino che annullava, in data 29 luglio 2017, il licenziamento della giornalista Barbara Orsini. Rete 8 avrebbe dovuto immediatamente reintegrare nel posto di lavoro la giornalista e provvedere al risarcimento dei danni. Il colosso dell’informazione abruzzese, però, non ha mai eseguito la sentenza confidando nel giudizio di opposizione.

Alla base del licenziamento, come avevamo raccontato all’epoca, ci fu un messaggio whatsapp. Orsini, in maniera del tutto confidenziale, inviò un ‘audio’ a una collega che, a sua volta, la fece ascoltare ai vertici dell’emittente.

Il giudice ha ritenuto che lo sfogo della giornalista, incentrato su presunte disparità sul luogo di lavoro, era da ritenersi “assolutamente estemporaneo, privo di intenti offensivi o denigratori nei confronti del datore di lavoro ed inidoneo, come tale, a ledere l’immagine o il decoro della società resistente”.

 “Una vittoria secondo verità e giustizia nel silenzio assordante del sindacato” spiegano Marco Patricelli (ex consigliere nazionale Fnsi) e Adam Hanzelewicz (ex segretario Sga). “Il reintegro e il pagamento degli
stipendi arretrati e dei danni alla giornalista” segnano “un punto importante nelle relazioni e negli equilibri sindacali e redazionali di cui si dovrà tenere conto nel presente e nel futuro, per evitare abusi di autorità e intimidazioni alla categoria”.

Patricelli e Hanzelewicz hanno seguito da vicino e per diciotto mesi la vicenda della giornalista.

“Un atto ignobile che ha scatenato una situazione devastante per la collega Orsini, di cui adesso qualcuno dovrà pagare il prezzo e le conseguenze”, hanno aggiunto i due sindacalisti rimarcando “l’incomprensibile e inescusabile atteggiamento della FNSI che non ha inteso in alcun modo raccogliere l’invito esplicito rivolto dal Sindacato giornalisti abruzzesiuna mobilitazione in favore di Barbara Orsini, come testimoniano gli incontri a Roma e la corrispondenza intercorsa con il segretario Raffaele Lorusso. Questa inspiegabile linea del silenzio ci ha fatto prendere le distanze e successivamente ci ha indotti per coerenza a rassegnare le dimissioni da ogni incarico da un sindacato in cui non ci riconosciamo, ma non ci ha impedito di continuare a seguire da vicino e fino alla fine la vicenda processuale della collega di Rete8, alla quale auguriamo di riprendere immediatamente il posto di lavoro che le è stato illegittimamente sottratto”.

Insomma, sul fatto in molti hanno taciuto. Perché? Come mai, in nome di una libera informazione non si è visto nessun politico farsi spazio in questa vicenda?

La diretta interessata, che abbiamo cercato per giorni, alla fine ha rilasciato questa dichiarazione:“Mi colpisce come una sentenza possa rendere visibile una persona, una lavoratrice, una professionista resasi protagonista, suo malgrado, di una solitaria battaglia di giustizia lunga 18 mesi. Se solo Solidarietà e vicinanza fossero arrivate quando me le aspettavo e quando ne avrei avuto davvero bisogno! So dove sono stati in questi 18 mesi i miei genitori, mia sorella, gli amici veri, il mio avvocato e il sindacalista ma soprattutto amico Marco Patricelli : al mio fianco. Sempre e tenacemente. Altri, ahimè, sembrano essersi ricordati della mia esistenza e della mia causa di lavoro solo a partire da ieri pomeriggio. Tuttavia se con slancio autentico e sincero, come non ho motivo di dubitare, mi piace pensare…meglio tardi che mai vista la solennità di queste ore per me così gioiose.
L’unica cosa che tuttavia ora desidero, ma davvero l’unica, è che il mio nome torni ad essere SOLO la firma di una brava giornalista e credo che, a maggior ragione dopo ieri ossia dopo la sentenza, io ne abbia tutto il diritto.”

E, al momento, l’emittente, ancora una volta, sceglie il silenzio.

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