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La malinconica parabola di Di Pietro

Lo ripetevano sempre in tempi non sospetti gli anziani del paese. “L’unica sicurezza è il mattone”.  Antonio Di Pietro se ne deve essere ricordato quando ha iniziato la sua pazza (ma mica tanto) escalation nell’acquisto di immobili nel 2001. D’accordo, non sono tutte case, c’è qualche terreno, cantina o garage,  però stiamo parlando di ben 45 proprietà tra Lazio, Lombardia e Molise, più 9 intestate alla moglie e 2 al figlio Cristiano. D’accordo per la magistratura sembra non ci sia  stata connessione tra le azioni della sua società immobiliare e il denaro destinato al finanziamento pubblico ai partiti e ne prendiamo atto, però qualche perplessità rimane, soprattutto sull’ingente donazione ricevuta da Virginia Maria Borletti (954 milioni di vecchie lire), che molto probabilmente non è stata utilizzata solo per “fare politica”. In tanti,  tra gli stessi militanti del suo movimento, sono rimasti molto delusi dalle sue parole, dalle sue risposte, dalle sue contraddizioni evidenziate nella interessante intervista curata dalla giornalista Sabrina Giannini. “L’Italia dei Valori è morta dopo Report”, ha dichiarato l’onorevole molisano.  Può darsi, ma non avrebbe dovuto dirlo lui.

 “Da oggi le cose devono cambiare” ha continuato a ripetere ospite di Enrico Mentana, prendendosi anche un gentil rimbrotto dal conduttore che è stato persino signorile nell’occasione.  Il Di Pietro simbolo di Mani Pulite che metteva all’angolo Craxi in tribunale è un’immagine sbiadita che emana essenze perdute di nostalgia e rammarico. Perché se non fossero bastati i Lusi, i Fiorito, i Belsito , ha contribuito anche lui (sia pure in maniera e in contesti differenti) a dimostrare che in vent’anni non è cambiato nulla. Anzi, no. Il popolo intorno alla corte dei potenti sta molto peggio, affamato e avvilito.  E se il buon Tonino sorride all’assist lanciatogli da Beppe Grillo e commenta provocatoriamente “Insieme facciamo paura”, verrebbe da dire che è vero, è qualcosa che fa paura perché non si vede dietro  agli slogan un serio progetto politico, ma solo populismo a go go per aggirare la sfiducia della gente e non restare impantanati nel fango che ricopre tutti democraticamente senza distinzioni ideologiche. Perché occorre salvarsi in fretta, l’appuntamento con le regionali non è troppo lontano. Dispiace, eccome se dispiace.

Ignazio Urtubia

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