Armi al posto ai aiuti umanitari. E la Camera aumenta le spese militari al 2%
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Al posto degli aiuti umanitari c’erano le armi. Così, sabato 12 marzo, alcuni lavoratori dell’aeroporto Galilei di Pisa (aeroporto civile ma anche militare) non hanno caricato il materiale.

La denuncia arriva dal sindacato Usb dei lavoratori. Che ribadisce il no alle armi e indice una manifestazione il 19 marzo, alle 15, davanti all’aeroporto pisano. “Sabato 12 marzo i lavoratori dell’aeroporto — sottolinea il sindacato — hanno scoperto che il carico di un volo in partenza da Cargo City non era costituito da materiale umanitario, ma da casse di armi destinate all’Ucraina”.

I militari

Sulla vicenda è intervenuto il Comando operativo di vertice interforze (Covi): il volo non “era classificato come contenente aiuti umanitari”, ma era “autorizzato dalla Nato. L’attività è stata condotta in una piazzola di parcheggio civile dell’aeroporto militare Galilei per l’eccezionale attività di trasporto richiesta dalla situazione in atto”. Il Covi spiega che “alcuni operatori si sono limitati a segnalare il mancato possesso dei requisiti necessari all’effettuazione del caricamento di materiali speciali, manifestando la necessità di specifiche autorizzazioni. A seguito di detta segnalazione, i materiali sono stati regolarmente caricati, da altro personale, sul velivolo.

Rifondazione: ponte aereo Pisa, stop trasporto armi 

“Dall’inizio di marzo sono moltissimi gli aerei militari partiti da Pisa con destinazione l’aeroporto militare di Rzeszow/Jasionka, in Polonia. Ma non solo, da Pisa partono aerei militari che arrivano in Romania e in Tunisia, o che fanno esercitazioni sopra la nostra città. Aerei come i Boeing KC767A o C-130J ‘Hercules’. Cosa trasportano? Non ci è dato sapere. Questi aerei possono trasportare sia truppe che pallet standard Nato. Ma il loro contenuto è stato secretato e nemmeno un parlamentare in carica può accedere a questa informazione”.

La denuncia arriva da Maurizio Acerbo, segretario nazionale Rifondazione Comunista, Ciccio Auletta, consigliere ‘Diritti in Comune’ e Giovanni Bruno della federazione di Pisa. “Vogliamo risposte e chiarimenti – dicono gli esponenti di Rifondazione – . La cittadinanza ha il diritto di sapere che tipo di operazioni militari sta conducendo il proprio Paese, soprattutto quando una città presta i propri aeroporti diventando da una parte protagonista diretto del conflitto, dall’altra potenziale bersaglio”.

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“Secondo quanto denunciato dalla Rete Italiana Pace e Disarmo, quello in corso sembra configurarsi come un vero e proprio ‘ponte aereo’ militare internazionale verso la base di Rzeszow, nella Polonia orientale. Dove già dai primi di febbraio opera un comando logistico Usa”, prosegue Rifondazione riferendo che in Italia alcuni dei protagonisti di questo quadro sono l’aeroporto militare di Pisa e l’aeroporto “Mario de Bernardi” di Pomezia. C’è inoltre la denuncia del sindacato Usb di Pisa che rivela come i lavoratori addetti al carico nel Cargo Village dell’aeroporto “si sono trovati davanti ad armi e munizioni, invece che ‘aiuti umanitari’. Un episodio gravissimo che conferma amaramente le nostre preoccupazioni”.

“Per questo, insieme alle deputate del gruppo ManifestA abbiamo già chiesto al Ministro della Difesa di riferire in aula e preparato una interrogazione parlamentare. Interrogheremo anche il Sindaco Conti perché non è ammissibile che chi governa la città non sappia, non dica o non s’interessi di ciò che sta accadendo e che riguarda tutti noi”, conclude la nota. 

La Camera approva: “le spese militari al 2 per cento del Pil”

Intanto la Camera, durante la discussione del decreto Ucrania, approva a larghissima maggioranza un ordine del giorno leghista. Il governo si impegna a portare le spese militari al 2 per cento del Pil. Il testo, su cui il governo, rappresentato dal sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, Forza Italia, ha dato parere favorevole, è stato presentato dal deputato leghista Roberto Paolo Ferrari. Ma porta le firme di tutti i capigruppo della commissione Difesa di Montecitorio. Gli unici a votare contro sono stati i deputati di Alternativa. L’ordine del giorno nonostante il parere positivo del governo, su richiesta del proponente, è stato messo in votazione.

Ferrari ha spiegato che “si tratta di raggiungere un obiettivo che il nostro Paese si era dato. Aderendo alle conclusioni del vertice dell’Alleanza atlantica nel 2014 in Galles, ovvero impegnare una quota, pari al 2 per cento del prodotto interno lordo del Paese, per gli investimenti nel settore, nel campo della difesa. In questi anni, in maniera altalenante, la spesa per la difesa ha subito, però, una costante contrazione, una contrazione che, nell’ultimo esercizio finanziario, ha finalmente visto una inversione di tendenza”.

Il deputato leghista ha anche ricordato che l’ordine del giorno trasforma in atto parlamentare “le parole del Presidente del Consiglio in cui ha ribadito che gli investimenti per la difesa dovranno crescere, come mai è avvenuto nel passato, in questo Paese. Ecco, noi stiamo dando compiutezza a quelle parole, declinandole con un impegno nei confronti del Governo ad accrescere la spesa per la Difesa nel corso dei prossimi esercizi”.

Arsenali militari

Poco dopo il sottosegretario Mulè è tornato sulla questione. Ha dato parere negativo a un ordine del giorno di Salvatore Caiata, Fratelli d’Italia. Caiata voleva impegnare il governo a ricostituire rapidamente gli arsenali militari dopo l’invio di armi e munizioni in Ucraina. “Onorevole Caiata, io la ringrazio, però volevo rassicurare, attraverso lei, chiunque sul fatto che la Difesa italiana ha un apparato efficiente e capace di rispondere anche rispetto alla misura presa nei confronti del Governo ucraino. Peraltro, è stato appena sottoscritto un ordine del giorno,  anche dalla vostra parte politica, che disegna un percorso che va verso il 2 per cento del PIL. Per questo motivo, questo ordine del giorno è ultroneo rispetto allo stato attuale”.

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