Autostrade a Cdp: l'operazione che porta 2,5 miliardi nelle tasche di Benetton. Che ringraziano il governo Lega-M5S
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La famiglia Benetton incasserà quasi due miliardi e mezzo dalla cessione di Autostrade per l’Italia al consorzio formato da Cassa depositi e prestiti con i fondi Blackstone e Macquarie.

A dieci mesi dall’accordo del luglio 2020 Autostrade passa a Cdp. L’assemblea degli azionisti di Atlantia, con una maggioranza dell’88%, ha accettato l’offerta per l’acquisto dell’88,06% del capitale di Aspi. Dopo quasi tre anni dal crollo del ponte Morandi finisce così, almeno sul fronte aziendale, il braccio di ferro tra lo Stato e i concessionari autostradali.

Revoca mai avvenuta ed ennesimo colpo per le vittime

Le minacce di revoca della concessione ad Aspi arrivate dal governo Conte 1 fin dal giorno successivo alla tragedia, e ribadite ancora lo scorso anno e mai avvenute, ha prodotto per i Benetton e degli altri soci dall’azienda una buona plusvalenza. Non a caso il titolo Atlantia è in gran spolvero a Piazza Affari fin da lunedì mattina. La decisione è invece un nuovo colpo per i familiari delle vittime, che avevano chiesto fino all’ultimo di interrompere la trattativa.

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Sul piatto, dopo diversi affinamenti per accontentare tutti i soci compreso il fondo speculativo britannico Tci e un’offerta di Florentino Perez, valutazione di 9,1 miliardi per il 100% di Aspi più una quota (ticking fee) del 2% annuo sul prezzo dal primo gennaio 2021. In questo modo la valorizzazione sale a 9,3 miliardi. A cui vanno sommati i ristori statali per i mancati ricavi causati dal Covid, per un totale di 9,5 miliardi. L’88% vale così 7,9 miliardi. E la dinastia di Ponzano Veneto, che ha il 30,2% di Atlantia attraverso edizione, incasserà un assegno da 2,38 miliardi.

La proposta è stata approvata con il voto favorevole di 1.129 azionisti, pari al 86,86% del capitale sociale rappresentato in assemblea, mentre hanno espresso voto contrario 60 azionisti. La prossima tappa è la riunione del cda di Atlantia, che si terrà tra il 10 e l’11 giugno, per dare il via libera agli accordi vincolanti con Cdp. La firma è attesa entro fine mese.

Il plebiscito

Un vero e proprio plebiscito quello dei soci di Atlantia riuniti in assemblea. A favore della vendita dell’88% di Autostrade per l’Italia al consorzio guidato da Cdp (51%) e dai fondi Blackstone (24,5%) e Macquarie (24,5%).

L’assise ha registrato un’affluenza pari al 70,39% del capitale.

Oltre alla Edizione holding dei Benetton (30,2%) e alla Crt (5,5%), anche la maggior parte degli investitori istituzionali ha dato il suo placet alla vendita delle Autostrade tricolori. Anche il fondo hedge Tci, che spesso aveva criticato il management, sarebbe tra coloro che hanno votato favore. Solo il 12,75% dei presenti ( e l’8,9% del capitale) avrebbe invece votato contro l’offerta di Cdp.

La decisione definitiva sarà comunque presa dal cda il 10 giugno e l’accordo con Cdp dovrebbe essere siglato entro fine giugno. Il closing dovrebbe invece arrivare entro fine anno e comunque non oltre il 31 marzo 2022. Secondo gli analisti di Equita si attende una reazione positiva del titolo in caso di accettazione dell’offerta del consorzio Cdp. L’azione in Borsa fin dai primi scambi è volata in rialzo in attesa di voltare pagine dopo la lunga trafila e le incertezze, che proseguono da 34 mesi, ovvero da quando il 14 agosto del 2018 crollò il Ponte Morandi.

Atlantia nell’operazione si è avvalsa della consulenza di Mediobanca, Goldman Sachs, Jp morgan e Morgan Stanley; Cdp di Credit Suisse; Blackstone di Lazard e Macquarie di Rotschild.

Il merito del governo Lega-M5S

La norma sul taglio da 23 a 7 miliardi delle penali in caso di revoca, inserita nel decreto Milleproroghe a fine 2019, non ha prodotto grossi risultati. Anzi. L’iter per togliere la concessione ad Aspi si è rivelato molto più complicato delle attese sul piano giuridico. E la stessa Avvocatura dello Stato, in un parere reso all’inizio del 2020 al governo Conte 2, ha fatto presente di non poter “escludere che, in sede giudiziaria (nazionale o sovranazionale) possa essere riconosciuto il diritto di Aspi all’integrale risarcimento”. Così la minaccia di revoca ha perso credibilità. Anche perché in Atlantia, accanto alla famiglia Benetton, ci sono il fondo sovrano di Singapore Gic, le banche Hsbc e Lazard e soprattutto il fondo speculativo Tci, che si è subito appellato alla Commissione europea invocando il rispetto del contratto di concessione.

Così con il passare dei mesi è diventato evidente che l’uscita dei Benetton dalla società concessionaria avrebbe dovuto essere pagata cara. Garantendo alla dinastia di Ponzano un ricco incasso. Così è stato: da una valutazione iniziale di 6 miliardi per l’intera società si è arrivati ai 9,5 miliardi complessivi di oggi passando per tre rilanci, fino all’offerta finale presentata a fine marzo. L’ultimo colpo di scena sono state le lettere di manifestazione d’interesse di Florentino Perez, che dei Benetton è socio in Abertis, mai concretizzate però in un’offerta vincolante.

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