Il destino si è giocato la sua carta più beffarda all’alba del 12 giugno. Quella che doveva essere l’ultima giornata di servizio del brigadiere Carlo Legrottaglie si è trasformata nel suo epilogo.
Brigadiere Legrottaglie ucciso a Francavilla: oggi andava in pensione. Un finale tragico, consumatosi tra i campi polverosi della periferia di Francavilla Fontana, provincia di Brindisi, in uno scontro a fuoco con due rapinatori in fuga.
Una scena che profuma di western italiano, ma che odora di sangue e assenza: la divisa insanguinata, il corpo steso tra l’erba rinsecchita, e attorno il silenzio rotto solo dalle sirene e dai passi dei colleghi accorsi. Legrottaglie, 59 anni, originario di Ostuni, avrebbe compiuto 60 anni il prossimo 5 luglio. Da domani sarebbe stato in licenza. E a luglio, la pensione. Invece, è morto servendo lo Stato. Fino all’ultimo minuto utile della sua vita in divisa.
L’inseguimento
Tutto inizia intorno alle 7 del mattino. Una segnalazione raggiunge la centrale operativa: è in corso una rapina a un distributore di carburanti alla periferia di Francavilla. Scatta l’intervento. La “gazzella” con a bordo Legrottaglie e il collega intercetta poco dopo un’auto sospetta, una Lancia Y di colore scuro. Scatta l’inseguimento.
I rapinatori, anziché arrendersi, scelgono la fuga. Le due auto si speronano a vicenda lungo le strade secondarie e poi nelle campagne. I fuggitivi abbandonano il veicolo e si dileguano. Legrottaglie si lancia all’inseguimento di uno dei due. Ma il malvivente estrae una pistola e spara. Il brigadiere viene colpito. Il fuoco si fa reale, violento. Ed è letale. Legrottaglie cade. È morto.
Il blitz e l’arresto
Poche ore dopo, grazie a un imponente dispiegamento di forze tra carabinieri e polizia, i due rapinatori vengono localizzati. Si sono asserragliati in una masseria tra Grottaglie e Martina Franca. A individuarli sono stati due agenti della squadra mobile in moto, i “Falchi”. Quando i due criminali vedono i poliziotti, sparano. Ne nasce un conflitto a fuoco. Uno dei due rapinatori resta ucciso, l’altro viene arrestato. L’arma, la fuga, l’assalto, tutto si conclude così. Ma a caro prezzo.
L’uomo, prima del carabiniere
Carlo Legrottaglie non era solo un militare. Era un marito, un padre, un uomo prossimo alla pensione, pronto a iniziare una nuova fase della sua vita. Il 25 giugno avrebbe celebrato 33 anni di matrimonio con la moglie Eugenia. Insieme hanno cresciuto due figlie gemelle, Carla e Paola. Figlie che ora dovranno imparare a vivere con l’assenza improvvisa e ingiusta di un padre, strappato alla vita a poche ore dal suo commiato dalla divisa.

Un’intera carriera trascorsa nell’Arma dei Carabinieri, sempre in prima linea. Non è un caso che vivesse proprio in via Caduti di Nassiriya, una strada simbolo del sacrificio. La memoria dell’attentato del 2003 in Iraq, costato la vita a 19 italiani, di cui 12 carabinieri, sembra oggi un amaro presagio.
Il ricordo e le reazioni
Dal Presidente della Repubblica al Governo, dai colleghi all’intera comunità pugliese, il dolore è unanime. Sergio Mattarella ha scritto parole sentite: “Ho appreso con profondo dolore la notizia dell’uccisione del Brigadiere Capo dei carabinieri Carlo Legrottaglie… Desidero esprimere all’Arma dei Carabinieri sentimenti di solidarietà e vicinanza”. Giorgia Meloni ha parlato di “dolore e sdegno per la violenza efferata contro un uomo in divisa”, mentre il ministro Crosetto ha ricordato Legrottaglie come un “servitore dello Stato, ucciso mentre svolgeva con coraggio e senso del dovere il proprio lavoro”.
Il sindaco di Ostuni, Angelo Pomes, ha fatto eco alla commozione generale: “A pochi giorni dal congedo, ha dimostrato fino all’ultimo il valore e il senso di responsabilità che contraddistinguono le donne e gli uomini dell’Arma”.
Il precedente di sangue
Francavilla Fontana non è nuova a episodi tragici. Il 14 luglio del 2000, il maresciallo dei carabinieri Antonio Dimitri fu ucciso durante una rapina alla Banca Commerciale Italiana. Anche lui morì mentre indossava la divisa. Anche allora a sparare fu la criminalità organizzata. A distanza di 25 anni, la storia si ripete. Cambiano i nomi, ma il prezzo resta lo stesso.
Una ferita aperta
Oggi l’Italia piange un altro uomo delle istituzioni, caduto in servizio. Ma la morte di Carlo Legrottaglie solleva anche interrogativi pesanti. Quanto è davvero protetto chi indossa una divisa? Quanti sono i militari che ogni giorno escono da casa sapendo che potrebbero non tornare? Quali strumenti ha lo Stato per garantire la loro sicurezza?
Non è retorica, ma realtà. Ogni giorno i carabinieri – come la polizia, i finanzieri, i militari – affrontano situazioni imprevedibili. Rapine, inseguimenti, conflitti a fuoco. Il tutto in nome di un giuramento. E di uno stipendio che, troppo spesso, non rende giustizia al rischio.
Un nome da ricordare
Carlo Legrottaglie ha avuto la sfortuna di morire l’ultimo giorno utile. Ma anche la dignità di farlo da carabiniere, non da pensionato. Non sarà una medaglia postuma o un minuto di silenzio a restituirlo ai suoi cari. Ma è dovere della collettività non dimenticare.
Il nome di Legrottaglie si aggiunge purtroppo all’elenco dei caduti dell’Arma. Un elenco lungo, doloroso, e spesso ignorato da una nazione che ricorda solo quando il sangue macchia l’asfalto. O quando la cronaca si fa troppo rumorosa per essere ignorata.
Epilogo
Francavilla si sveglia oggi con il silenzio delle sirene ormai spente. Ostuni si stringe intorno alla famiglia di Carlo. L’Italia, se ha memoria, dovrebbe fare lo stesso.
Non bastano i comunicati, non bastano i cordogli. Serve rispetto, giustizia e consapevolezza. Perché ogni Legrottaglie che muore, è una parte dello Stato che cade. E senza Stato, restano solo le armi.
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