Covid, crescita del 50% delle persone che si rivolgono al Banco Alimentare
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La colletta alimentare organizzata da Banco alimentare quest’anno acquista un valore ancor più importante. Aumentano il numero delle persone strette nella morsa del Covid.

L’aggravarsi della crisi per via della pandemia da Covid ha portato a numeri impressionanti di povertà. “La spesa – spiega Banco alimentare – quest’anno non può più essere donata fisicamente, per ragioni di sicurezza sanitaria. Inoltre, viste le restrizioni dovute al coronavirus, non ci potranno essere nei supermercati i consueti gruppi di volontari, che saranno presenti in numero ridotto solo il 28 novembre, compatibilmente con le norme vigenti nelle singole regioni”.

Colletta dematerializzata

Ed è per questo che sarà attiva la “colletta dematerializzata”. Fino all’8 dicembre saranno disponibili alle casse dei supermercati delle card da 2, 5 e 10 euro che verranno convertite in prodotti alimentari. Chi non potrà andare nei negozi potrà comunque assicurare prodotti come pasta, legumi, alimenti per l’infanzia e in genere cibo non deperibile alle famiglie in difficoltà. Alla colletta si potrà partecipare anche online su Amazon.itEsselungaacasa.it e Mygiftcard.it.

Al termine della colletta, il valore complessivo di tutte le card sarà convertito in prodotti alimentari. Dunque sarà consegnato alle sedi regionali del Banco Alimentare e distribuito alle circa 8mila strutture caritative convenzionate che sostengono oltre 2milioni e 100mila persone.

La crisi: quadruplicato il numero di poveri

La crisi da Covid ha stretto nella morsa della povertà anche le famiglie che non avrebbero pensato di trovarsi in difficoltà. E l’aiuto di onlus come Banco Alimentare è risultato fondamentale. L’associazione non profit di promozione sociale “Salvamamme”, che a Roma collabora con Banco Alimentare, riferisce che negli ultimi mesi ha visto aumentare del 50% il numero dei suoi assistiti. La presidente Maria Grazia Passeri racconta a Repubblica alcune storie.

“Assistiamo persone come Federica – dice Passeri – una giovane mamma di tre figli che prima del lockdown lavorava in un call center e da marzo in poi continua a lavorare da casa ma viene pagata di meno, mentre il compagno finisce in cassa integrazione. Con la chiusura delle scuole i 3 bambini mangiano a casa anche a pranzo e tutto diventa più costoso. Prima del Covid erano quasi autonomi, dopo lo scoppio dell’emergenza si sono dovuti rivolgere a Salvamamme. Adesso lui ha ripreso un po’ a lavorare mentre lei tra quarantene e altre problematiche deve sempre stare con i bambini”.

La crisi ha colpito in maniera più devastante la donne.

Caterina, un’altra delle mamme che si sono rivolte alla onlus, prima del lockdown lavorava in una mensa, ma con la chiusura delle scuole ha perso il lavoro. Recentemente l’azienda l’ha ricontattata ma non ha potuto riprendere a lavorare perché gli orari che le hanno proposto non le consentirebbero di prendersi cura della sua bambina.

“Il bisogno alimentare cresce di pari passo con il crescere della crisi sanitaria che, ogni giorno di più, si manifesta come crisi sociale ed economica – afferma Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus – . In questi mesi la nostra associazione ha reagito cercando di incrementare lo sforzo organizzativo messo in campo. Purtroppo col passare del tempo nelle persone che aiutiamo cresce anche il timore, lo smarrimento e per molti il rischio di rinchiudersi in sé stessi.”

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