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Insomma, solo nella vecchia Europa, quella della burocrazia impolverata e dei burocrati che si sostituiscono ai politicanti, rimarrà il diritto all’oblio. Google, infatti, non sarà obbligato a rimuovere i link a contenuti che alcuni utenti non vorrebbero più far vedere in nome del diritto all’oblio, fuori, appunto, dall’Unione europea.

A deciderlo la Corte di giustizia dell’Unione europea farà sì che i contenuti, che in Europa sono considerati “dimenticabili”, potranno essere in ogni caso visibili nei risultati di ricerca di Google all’esterno dell’Unione.

La battaglia era partita tra il colosso americano e alcuni stati membri dell’Unione. Nel 2016 l’authority per la privacy della Francia aveva multato Google per 100mila euro in quanto il gruppo di Mountain View si era rifiutato di cancellare a livello globale i contenuti che in Europa hanno diritto all’oblio. L’authority, a quel punto, aveva portato Google in tribunale chiedendo la deindicizzazione globale dei contenuti soggetti al diritto, e la giustizia francese aveva rimandato il caso alla Corte di giustiza.

Il caso Primadanoi finisce sulla pagine del New York Times: informazione uccisa dai tribunali “dell’oblio”

C’è da dire però, che in attesa della decisione, in molti stati europei, dalla Spagna alla Danimarca e alla Grecia, alcune sentenze hanno rigettato l’idea del “global removal”, a partire dal principio chiave che una norma possa valere solo nel territorio in cui è stata adottata. Non esiste, insomma, l’extraterritorialità del diritto, anche in tema di informazione. E oggi la decisione della Corte sembra confermare questa linea.

Il diritto all’oblio nell’Unione europea è stato sancito dalla stessa Corte di giustizia con una decisione del 2014. Quella di oggi è una vittoria per Google: all’interno della Ue si è dovuta adeguare alla norma, ma non dovrà farlo a livello globale. La conseguenza immediata è che in Europa i cittadini non vedranno alcuni contenuti che negli Stati Uniti vedrebbero.

E non ci pare poco.

Di admin

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