Dmitry Medvedev, guerra nucleare, Nato e Russia
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A parlare di guerra nucleare tra Nato e Russia è Dmitry Medvedev. Che sembra avere il chiodo fisso perché non è la prima volta che ne parla.

Attraverso il suo canale Telegram, l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, ha dichiarato che “il riempire di armi l’Ucraina da parte dei Paesi della Nato, l’addestramento delle sue truppe all’uso dell’equipaggiamento occidentale, l’invio di mercenari e lo svolgimento di esercitazioni da parte dei Paesi dell’Alleanza vicino ai nostri confini aumentano la probabilità di un conflitto diretto e aperto tra la Nato e la Russia invece della ‘guerra per procura’ stanno conducendo”.

A questo, Medvedev aggiunge poi quello che rimane uno degli avvertimenti più costanti della narrazione russa: il rischio del conflitto nucleare. L’ex capo del Cremlino, unico ad aver sostituito fisicamente Vladimir Putin nella sua lunga stagione di potere, ha scritto che “un conflitto del genere rischia sempre di trasformarsi in una vera e propria guerra nucleare. Questo sarebbe uno scenario catastrofico per tutti”. Il messaggio prosegue parlando del cinismo delle controparti occidentali e delle mosse errate da parte dell’amministrazione Biden.

Il punto più importante rimane quello del rischio di un conflitto diretto tra Mosca e Occidente.

Un tema su cui il Cremlino punta da diverso tempo. Per dimostrare all’opinione pubblica interna e internazionale di non essere intenzionata ad ampliare il raggio d’azione della guerra. Ed evitando quindi una escalation che porti a conseguenze che lo stesso Medvedev definisce “catastrofiche”.

L’ex presidente russo negli ultimi giorni ha inviato diversi segnali. Ha applaudito alla decisione dell’Ungheria di frenare sul sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, in particolare per quanto riguarda il settore energetico. Secondo il vice presidente del Consiglio di sicurezza nazionale russo, il governo ungherese “ha fatto un passo coraggioso per un’Europa silente. Si è rifiutato di sostenere un embargo energetico, che sarebbe deleterio per l’economia del suo Paese, e le sanzioni folli contro figure religiose”. Poi si è soffermato sul fatto che i “leader più ragionevoli dei Paesi Ue potrebbero aver deciso di smettere” di seguire le scelte degli Stati Uniti. Ieri ha invece rilanciato il problema di come gli Stati Uniti, secondo Mosca, stiano combattendo una “guerra per procura”. Che “ha lo scopo di sconfiggere pesantemente il nostro Paese, di limitare il suo sviluppo economico e la sua influenza nel mondo”.

Dal punto di vista internazionale, la scelta delle parole di Dmitry Medvedev indica che il problema russo, in questo momento, non è l’intero Occidente ma gli Stati Uniti. Di qui l’apprezzamento nei confronti di Viktor Orban. L’intenzione è quella di investire nelle crepe aperte in seno al blocco Nato a causa delle divergenze nelle visioni dei partner euro-atlantici.

Dal punto di vista interno, invece, il discorso di Medvedev va letto sotto diverse lenti.

Va ricordato, infatti, che in questa fase della guerra in Ucraina, appare come uno dei “falchi” del Cremlino. Ma c’è stata una fase, in particolare quella di lui come presidente russo, in cui è sembrato che potesse essere il volto nuovo e “pulito” di una Russia più vicina al liberalismo. Qualcuno, per qualche tempo, l’ha considerato il vero erede di Putin, oltre che il suo “delfino”. Ed è quindi possibile che in un momento in cui la leadership dello “zar” appare comunque tendente al tramonto per naturali motivi anagrafici, Medvedev possa tornare in auge quale potenziale successore.

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