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Ormai manca poco più di due settimane e gli ultimi ospedali psichiatrici giudiziari, più comunemente chiamati manicomi criminali, saranno definitivamente chiusi a seguito della legge 81/14, che ne ha previsto la chiusura entro il 31 marzo 2014. di Angelo Baron 

 

Con la chiusura degli opg coloro che attualmente sono internate nelle strutture esistenti (Castiglione delle Stiviere, Aversa, Barcellona pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Montlupo, Napoli e Salerno) verranno smistate nelle Rems, residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria, di competenza regionale e quindi delle Asl.

Le rems, che hanno carattere sanitario riabilitativo (nella forma legislativa), nascono dall’esito ispettivo della commissione senatoriale presieduta dall’allora senatore Ignazio Marino, ma sopratutto dalla sentenza della Corte europea sulle condizioni carcerarie degli istituti detentivi italiani.

Ora però, dopo quest’atto d’umanità che il legislatore ci ha regalato, tocca approfondire cosa effettivamente cambia per i pazienti internati.

Analizziamo per prima cosa lo stato di chi viene ritenuto idoneo per uscire dall’internamento e quindi liberato.

Molti di questi verranno rifiutati dalle famiglie, mandati nelle, poche, comunità o casa famiglia, pronte a garantire un tetto ed un lavoro.

Altri probabilmente torneranno presso le proprie case con tanti saluti dallo stato italiano. Ovviamente non verrà data in alcun modo la possibilità di avere un lavoro (solo borse lavoro che tutto sono tranne che un concetto valido di reintegrazione).

Lo stato mentale di un escluso, che viene riammesso nella società, è sempre di difficile considerazione.

Per chi rimane internato invece cambia poco o nulla, allo stato attuale.

Difatti se già la conferenza delle regioni aveva chiesto di rinviare al 2017 la chiusura degli opg (proposta rigettata dal governo), non sono mancate proposte di fare una rems dentro l’opg. In pratica cambia il nome ma resta tutto uguale.

Ma esistono le rems?

Ad oggi (14 marzo 2015) non esiste ancora nessuna residenza Rems già costruita e pronta ad ospitare i pazienti.

Dei 274mln di euro, stanziati dal governo centrale, pare che non ci sia che solo un idea transitoria per ospitare i malati psichici. In alcuni casi l’idea è al quanto fantasiosa come quella della Liguria che manderebbe i pazienti della propria regione in Piemonte mentre il Piemonte li manderebbe in Trentino. Oppure come l’Abruzzo che utilizzerebbe un ospedale destinato alla chiusura, spostando il reparto psichiatrico, come in una damiera, dalla sua attuale residenza ad un’altro plesso ospedaliero in maniera temporanea per poi rispostarlo in un’altro plesso. Il tutto attendendo la costruzione della Rems che ovviamente non ancora vede l’alba. Questa operazione a conti fatti costerebbe intorno al milione di euro, oltre che un disagio per i pazienti e familiari non calcolabile.

Questi due esempi servono a far capire come la politica segua l’onda retrograda della scarsa cultura in materia di psichiatria.

Ma tutto ciò ovviamente, non può che avallare la tesi speculativa della politica che, in armonia con il concetto punitivo e non riabilitativo, non si pone minimamente il problema delle pessime condizioni di opg e carceri che, sempre bene ricordarlo, servono per rieducare e non per punire.

Insomma l’ennesima stupidaggine all’italiana che si rivela incapace di affrontare problemi concreti di persone mentalmente instabili.

Il 31 marzo scadrà il termine ultimo per la chiusura ma ad oggi nessuna regione è in grado di garantire una soluzione al problema.

In pratica la domanda della cultura retrograda sarà, ma il matto dove lo metto?

Boh!

Un proposta concreta sarebbe quella di utilizzare le strutture ospedaliere esistenti e in disuso per ospitare le Rems.

Fornire finanziamenti a progetti di recupero per ex internati ed ex detenuti, così è evitare eventuali “ricadute” e, attraverso una normativa specifica, investire sul reintegro lavorativo di queste persone.

Insomma un piccolo passo sulla carta è stato fatto ma in realtà si tratta, come sempre, di un ripulire la coscienza dei politici di turno, senza aver mai fatto un passo avanti concreto.

Quello che manca, più in generale, è una cultura su chi siano realmente gli internati e/o detenuti e su come vengono trattati.

Cambiare la società per debellare la malvagità, educarla per capire i meccanismi che si susseguono.

 

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