Con la forza ridotta della sterlina le cose per i risparmiatori potrebbero cambiare. L’impatto più evidente, al momento, è il calo dei costi delle vacanze a Londra.
Il Giornale offre una esaustiva guida a tutti quelli che vogliono diversificare i propri investimenti.
Per Azioni e bond è possibile guadagnare almeno l’8% puntando sui Paesi emergenti e, quindi, nei settori più dinamici attraverso i cosiddetti “Piani di accumulo”. Acquistando piccole quote al mese, da un lato si riducono gli impatti della volatilità, dall’altra si massimizzano le potenzialità di lungo termine.
“Oggi un giovane di 30 anni che versasse 100 euro al mese in un fondo bilanciato prudente europeo (30% azioni Europa e Italia, 70% obbligazioni e titoli di stato europee e italiane) potrebbe aspirare a un rendimento medio annuo del 3%: dopo 35 anni, a fronte di 60mila euro versati, accumulerebbe un capitale di 98mila euro, pari a circa 4.900 euro di rendita annuale. Lo stesso versamento effettuato in un fondo o etf azionario Paesi emergenti, o un fondo o etf azionario biotecnologia o hi tech, potrebbe garantire fino al 10% medio all’anno e un capitale finale di 256mila euro, con una rendita di circa 12.800 euro.”
L’occhio si dovrebbe rivolgere anche su Wall Street e tecnologia per garantire gli studi per i figli.
“Si può quindi attivare un piano di accumulo (Pac) su un etf o fondo azionario mercati emergenti o sul settore biotech o hi tech di 10 o 15 anni (a seconda dell’età dei figli). In secondo luogo, è indispensabile procedere ad un’ampia diversificazione valutaria di almeno il 40% del portafoglio tramite etf e fondi monetari: 20% in dollari Usa, 10% in Paesi emergenti in valute locali, 5% in franchi svizzeri, 5% in renminbi cinesi. In terzo luogo occorre premunirsi contro il ritorno dell’inflazione con un 10% in etf o fondi inflation linked e impiegare tra il 5% e il 10% in etf in materie prime e oro per stabilizzare le perfomance”.
Altro discorso per i Bond aziendali:
Una delle priorità è quella di impiegare una quota consistente (almeno il 30%, meglio il 40%) del portafoglio in etf e fondi inflation linked. Se il costo della vita dovesse aumentare fino al 2 o 3% (o, magari, anche di più) con strumenti si ricevono flussi maggiorati in funzione dell’aumento dei prezzi al consumo. Chi ha in portafoglio Cct e Btp li può tenere (soprattutto nel caso di Btp Italia, che sono collegati all’inflazione italiana) fino a un massimo del 30% ma dovrebbe comunque aumentare di almeno un 10% la quota in etf e fondi obbligazionari corporate bond tramite i quali, solo con qualche rischio in più, possono assicurare cedole un po’ più generose di quelle dei titoli del Tesoro.”