Spread the love

 

Nell’indifferenza generale, e mentre la politica è alienata nei suoi discorsi e nel suo mondo, in Italia si continua a morire di Stato.

di Antonio Del Furbo

Un tempo c’era chi diceva che il Fisco doveva essere l’amico fidato del contribuente, colui da invitare a cena e passarci una serata a ridere e scherzare. Era il tempo in cui si teorizzava la “polverizzazione” di Equitalia e il ridimensionamento del rapporto contribuente-Agenzia delle Entrate. Bei tempi quelli, che seppur tempi in cui venivano raccontate frottole riguardo “l’umanizzazione del Fisco” rapprsentavano momenti in cui la narrazione politica ci faceva sognare.

Purtroppo, però, la realtà è stata sempre un’altra. La realtà è stata, ed è, quella di un rapporto conflittuale, e sempre più pericoloso, tra Stato e cittadino.

Bisognerebbe processarlo lo Stato, arrestarlo e, in molti casi, condannarlo a morte. Ma in Italia, purtroppo, la pena di morte non c’è e, tra l’altro, manca anche una legge sulla Class-action. Così di Stato, di Agenzia delle Entrate, di Equitalia e di Soget si continua a morire. Com’è morto un imprenditore 58enne di Pescara, trovato senza vita nell’appartamento di un amico che lo ospitava. Un altro uomo, come tanti, che ha scelto i lacci delle scarpe per impiccarsi piuttosto che la lotta contro lo Stato per far valere i diritti sul fallimento della sua piccola azienda edile.

E se avesse scelto di vivere, forse, avrebbe fatto la fine di Alessandro, di Torino, che dopo aver perso il lavoro, si è ritrovato a vivere in auto con la moglie e i tre figli.

“Ho sempre lavorato persino quando tirare a fine mese significava raccattare i soldi per coprire le spese (l’affitto, le bollette, il supermercato) e nient’altro”, ricorda Alessandro. Dopo alcuni lavori precari, “è successo che una delle ditte che mi aveva assunto da un giorno all’altro è fallita e mi ha lasciato a casa con mesi di stipendio arretratiIl Comune e i servizi sociali ci chiedono un reddito per assegnarci una casa, e noi non l’abbiamo.”

Sono 21 MILIONI i contribuenti che risultano avere debiti a vario titolo con oltre 8mila enti creditori, e il 53 per cento ha accumulato pendenze che non superano i 1000 euro.

Nonostante questo, gli enti pubblici non sono interessati per nulla alla questione. E ci sono Regioni, ad esempio come l’Abruzzo, che scelgono di non aderire al provvedimento della rottamazione delle cartelle dei contribuenti con debiti affidati alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017. E poi c’è il Comune di Genova che, addirittura, manda a recuperare ventisei milioni di Tari non pagati e settecentotrenta milioni tra imposte, tributi e canoni iscritti a ruolo, con il Nucleo operativo antievasione composto da undici vigili che andranno direttamente nelle case e nei negozi a consegnare solleciti e avvisi di accertamento prima dell’intervento di Equitalia. “Dipenderanno dalla direzione politiche delle entrate e lavoreranno 24 ore su 24 nell’azione di contrasto dell’evasione fiscale tariffaria” annuncia l’assessore al Bilancio Pietro Piciocchi.

Insomma, l’Italia è quel Paese in cui i politici dovrebbero fare cabaret.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Segnalaci la tua notizia