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L’ex boss della Mala del Brenta torna a far parlare di sé attraverso un’intervista rilasciata a un quotidiano locale. “Troppe tasse da pagare” per la sua nuova vita da imprenditore. Ma come stanno veramente le cose? 
Ci sono i suoi affari con  Banca Etruria, e poi il mistero su quale ente governativo gli abbia concesso un nuovo nome visto che non collabora con piú con la giustizia.” A buttare la bomba è uno che Maniero lo segue giornalisticamente da molti anni: Alessandro Ambrosini, autore di Nottecriminale.news. 
 
C’è il mistero dell’impresa di pompe funebri che non gestisce funerali per poi passare alla storia della casette dell’acqua che rilasciano inquinanti nelle bottiglie di chi si rifornisce. Per non parlare dei veri contorni del fallimento che caratterizzò la ditta di Maniero. Ambrosini spiega al collega Marco Milioni approfondimenti pubblicati in questi giorni da La stampa.it, Il Secolo XIX e La Nuova Venezia, “considerati poco incisivi perchè non hanno fatto le pulci al recente passato dell’ex boss della mafia del Brenta” E aggiunge: “nella sua recente intervista alla Stampa allude al fatto che quasi quasi sia preferibile una mafia autoctona ad una forestiera. Si tratta di una sorta di federalismo criminale che desta una certa inquietudine perchè le mafie dovrebbero essere tutte bandite. Purtroppo l’opinione pubblica veneta sembra aver ingoiato tutto d’un fiato la tesi di Maniero senza che nessuno abbia eccepito nulla”.
 
Maniero arriva al luogo dell’appuntamento, spiegano i giornalisti che hanno pubblicato la sua intervista, con una vettura di piccola cilindrata e con la compagna”.
Felice Maniero è l’uomo che ha creato, e per 20 anni guidato, un impero criminale e una banda di 400 persone che imperversava in Veneto con furti, rapine, sequestri, omicidi, traffico di droga e di armi. 
 
Maniero ha inziato il suo nuovo lavoro “comprando aziendine già esistenti, ma le sceglievo senza un vero criterio perché, appunto, non conoscevo quel mondo. Inevitabili i pasticci dovuti all’inesperienza. Pensavo: un tempo, con la pistola, era tutto più semplice. Però sono andato avanti perché avevo un obiettivo ben chiaro in testa: avere un lavoro e sfondare. Sto facendo tutto questo per i miei figli, perché rimanga loro qualcosa da portare avanti.” 
 
A complicargli la vita, spiega, “vi siete messi voi giornalisti, una disgrazia termonucleare, una continua corsa per non farmi trovare”.
 
“Prima ho lavorato con una persona che vendeva depuratori e poi, quando ho capito come funzionava, mi sono messo in proprio, con mio figlio. Mi sono appassionato, mi piaceva l’idea di depurare l’acqua, ho lavorato sodo, ho studiato per poter acquisire la necessaria competenza. È nata Anyacquae, andavamo molto bene, avevamo le casette dell’acqua in giro per tutt’Italia e migliaia di clienti”.
 
Maniero parla dell’inchiesta di Report che ha contestato la qualità del prodotto e rilevato la presenza di arsenico:“Dopo due ispezioni in azienda da parte dei carabinieri, una della Finanza e infine una della polizia Forestale, non è arrivato nemmeno un microscopico avviso di garanzia”.
 
Di Felice Maniero ne abbiamo parlato più volte anche noi in questo articolo (Maniero, il nuovo volto). 
Oggi, Alessandro Ambrosini ne traccia una visione aggiornata.

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