Francesco Bidognetti condannato per minacce a Saviano: il proclama mafioso del 2008 torna a far paura
Spread the love

Condannato il boss Bidognetti per le minacce a Saviano nel 2008. Una pagina nera tra mafia, giustizia e libertà d’informazione.

Il nome di Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ’e Mezzanotte, è da decenni sinonimo di potere criminale, omicidi, traffico di rifiuti e dominio assoluto sul territorio. Boss indiscusso del clan dei Casalesi, è stato il volto più feroce e silenzioso di un’organizzazione che ha gestito miliardi e contaminato la politica, l’economia e l’ambiente campano. Oggi, quel nome è tornato davanti alla giustizia, in una sentenza che fa rumore: un anno e mezzo di carcere per minacce aggravate dal metodo mafioso ai danni di Roberto Saviano e della giornalista Rosaria Capacchione.

Il contesto: chi è Cicciotto ’e Mezzanotte

Nato nel 1951 a Casal di Principe, Francesco Bidognetti è stato per anni il referente del clan dei Casalesi nell’area del basso Volturno. La sua figura si è affermata tra gli anni ’80 e ’90 in parallelo alla crescita di un sistema mafioso camorristico estremamente strutturato, capace di gestire estorsioni, racket, appalti pubblici e traffico illecito di rifiuti industriali in tutto il Mezzogiorno. Il suo ruolo è stato determinante anche nella faida interna che portò all’eliminazione di Antonio Bardellino, primo storico leader del clan.

Bidognetti è stato condannato all’ergastolo per numerosi omicidi, tra cui quello di don Peppe Diana, il prete di Casal di Principe assassinato nel 1994 per aver denunciato apertamente la camorra. È in carcere da oltre vent’anni, eppure il suo nome continua ad avere un peso anche nei processi più recenti.

Il proclama del 2008: la camorra entra in aula

Durante il maxiprocesso Spartacus, che ha rappresentato uno dei momenti giudiziari più imponenti contro la camorra, avviene un episodio inquietante: nel marzo 2008, l’avvocato Michele Santonastaso legge in aula un’istanza di rimessione del processo. Un documento firmato per procura da Francesco Bidognetti (all’epoca detenuto) e da Antonio Iovine (latitante), due dei capi del clan.

Nel testo — soprannominato “il proclama” dalla Direzione Distrettuale Antimafia — si accusavano direttamente alcuni giornalisti, tra cui Saviano e Capacchione, di aver influenzato le decisioni della magistratura con i loro articoli e le loro denunce. Secondo i firmatari, erano loro — non i boss — i veri responsabili delle condanne. Una mossa che sovvertiva radicalmente l’idea di giustizia e che trasformava l’informazione in un bersaglio. Fu il primo caso documentato in cui la camorra, in sede processuale, attaccava frontalmente chi raccontava i suoi crimini.

La condanna nel 2025: giustizia, anche se in ritardo

Il 14 luglio 2025, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna a Francesco Bidognetti per minacce aggravate dal metodo mafioso, infliggendogli una pena di un anno e sei mesi. Confermata anche la pena a Santonastaso: un anno e due mesi. Una sentenza che arriva con 17 anni di ritardo rispetto ai fatti, ma che ha un valore altamente simbolico.

Saviano, presente in aula, ha commentato con parole che vanno dritte al cuore: “È la vittoria più importante della mia vita. Ma mi hanno rubato la vita.” E ancora: “A volte mi chiedo perché non abbiano mai portato a compimento le loro minacce. Forse perché la luce mediatica mi ha protetto. Ma non so se sia una consolazione sufficiente.”

Un messaggio che resta

Questa vicenda ci ricorda che raccontare la criminalità organizzata in Italia non è mai un atto neutro. Significa esporsi, isolarsi, e vivere sotto scorta. Ma significa anche – a distanza di anni – ottenere giustizia. Il proclama voleva delegittimare la stampa libera, ridurla a complice, criminalizzarla. Oggi quella strategia è stata sconfitta, almeno in parte, da una sentenza che ristabilisce le responsabilità.

Eppure, la domanda resta: può bastare un anno e mezzo per fermare chi ha dominato intere città, avvelenato la terra dei fuochi, seminato morte e paura per decenni?

Segui il canale Youtube

Segui i nostri approfondimenti: Zone d’Ombra Tv

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Segnalaci la tua notizia