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Ha 30 anni ed è nato in un villaggio del profondo Kenya: il suo nome è Gerald Erebon. La sua “colpa” è stata quella di non assomigliare al padre e per questo è stato sempre identificato come “figlio di un bianco”.  

Gerald è, sì, figlio di un bianco ma il suo padre vero nasconde una verità sporca: è un prete italiano appartenente all’ordine dei Missionari della Consolata. Il papà prete giunse ad Archer’s Post per diffondere la fede tra le tribù semi-nomadi della Rift Valley una trentina di anni prima. Il missionario abusò, secondo le accuse presentate anche all’Interpol, di una ragazzina di 15 anni che lavorava nella missione. E quando questa rimase incinta, intervennero le gerarchie ecclesiastiche, che trasferirono il missionario in un’altra parrocchia del Kenya e trovarono un uomo che accettò di sposare la ragazzina, dando il proprio nome al neonato. In cambio, avrebbe avuto un lavoro sicuro per la chiesa e aiuti economici.

Dopo la morte della madre, Erebon, Gerald ha avuto certezza della verità. Ha cercato quel missionario oggi 83enne e ha tentato inutilmente di creare un rapporto con lui. Il missionario ha respinto ogni contatto, e, con l’appoggio del clero keniota, ha rifiutato il test del Dna. Quel prete oggi è sotto inchiesta da parte della Congregazione per il clero.



Una vicenda venuta alla luce grazie allo psicoterapeuta Vincent Doyle, il figlio di un prete irlandese che nel 2014 ha fondato l’associazione Coping International per tutelare i diritti dei bambini figli dei sacerdoti. Una vicenda uguale a tante altre storie legate alla Chiesa cattolica che, per decenni, ha coperto i casi di sacerdoti accusati di aver abusato di giovanissime donne in Paesi in via di sviluppo.

In Africa oltre al tema dell’abuso sessuale, c’è un problema in più: i figli non riconosciuti dei sacerdoti.

Secondo il reverendo Stephane Joulain, però, c’è anche un altro problema che asseconda questa squallida situazione: “Diventi uomo solo quando hai avuto figli”, ha spiegato. “Molti sacerdoti soccomberebbero a questa pressione da parte della famiglia o della tribù. Altri”, ha aggiunto, “razionalizzano il loro comportamento dicendo che il celibato è una tradizione ‘occidentale’, importata, che non ha posto in Africa, dove le ragazze sono spesso considerate adulte quando raggiungono la pubertà, indipendentemente dalla legge”.

Dayle sostiene che la sua organizzazione ha avuto contatti con almeno 40 mila persone nel mondo. Non tutti i figli di preti sono frutto di violenze sessuali, molti derivano da “semplici” relazioni clandestine. Figli mai riconosciuti di sacerdoti sono stati scoperti “in Irlanda, Messico, Polonia, Paraguay, in città statunitensi grandi e piccole, virtualmente in ogni luogo dove la chiesa ha una presenza.

La posizione del Vaticano nei confronti dei sacerdoti-padri è che questi debbano smettere l’abito talare e occuparsi della cura del bambino.

Secondo un documento, titolato “Nota relativa alla prassi della Congregazione per il Clero a proposito dei chierici con prole”, la decadenza del prete dallo stato ecclesiastico sarebbe automatica: “Una situazione di questo tipo è considerata ‘irreversibile’ e richiede al sacerdote di abbandonare lo stato clericale anche se si ritiene idoneo al ministero”, ha spiegato il cardinale.

“A volte capita che vescovi o superiori religiosi presentino la situazione dei sacerdoti che non intendono chiedere la dispensa, anche quando ci sono bambini, specialmente quando è terminata la relazione affettiva con la madre. In tali casi, purtroppo, vescovi e superiori pensano che, dopo aver provveduto economicamente ai bambini, o dopo aver trasferito il sacerdote, il chierico possa continuare a esercitare il ministero. L’incertezza in questa materia, quindi, deriva dalla resistenza dei sacerdoti alla richiesta della dispensa, dall’assenza di una relazione affettiva con la donna; e, a volte, dal desiderio di alcuni Ordinari di offrire al prete penitente e pentito una nuova opportunità”.

Di admin

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