I finanziatori della politica: un giro d'affari di quasi 50mln di euro. I nomi e i cognomi
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A Carlo Calenda hanno staccato un assegno i signori del cemento. Un bonifico da cinquemila arrivato direttamente da Nicolò Rebecchini, erede di una dinastia di costruttori romani che da decenni naviga tra affari e politica.

Come riporta L’Espresso, Pietro Salini, patron del gruppo Webuild, con le mani sulle grandi opere, ha versato diecimila euro. I loro nomi, però, non compaiono nell’elenco pubblico dei finanziatori di Calenda, candidato sindaco romani. Nell’ultima settimana di settembre, pochi giorni prima del voto, i due imprenditori si sono fatti avanti dietro lo schermo di società personali: Athena partecipazioni, che fa capo a Salini, e Monte della Breccia, amministrata da Rebecchini. Tutto regolare, ci mancherebbe. Tra i finanziatori della politica consultabile sul sito del Parlamento decine di sigle anonime.

Nonostante lo “Spazzacorrotti” il finanziamento della politica è un grande bazar: secondo l’elaborazione de L’Espresso, tra l’agosto del 2020 e settembre scorso scorso, il sistema dei partiti ha ricevuto circa 47 milioni di euro, in gran parte sotto forma di contributi versati dagli stessi parlamentari. Gli elenchi però comprendono anche le erogazioni di oltre 400 aziende e imprenditori. Per dare un metro di paragone, l’intero sistema del 2 x mille ai partiti vale meno di venti milioni di euro l’anno.

Soldi. tanti soldi.

Calenda ha raccolto più di un milione e mezzo di euro suddivisi tra Azione e il suo comitato per le Comunali di Roma. Toti, leader di Cambiamo!, ha incassato circa 660 mila euro, mentre la campagna elettorale di Beppe Sala, appena rieletto alla guida di Milano, è stata finanziata da circa 400 mila euro di contributi privati.

Decine di imprenditori, professionisti, banchieri, hanno messo mano al portafoglio e sganciato denari. Tanti denari. Un flusso che ha coinvolto grandi nomi di Confindustria e dei salotti buoni della finanza. Oltre a costruttori come Salini e Rebecchini, si è mobilitato per Calenda anche il mondo della moda con Patrizio Bertelli, patron di Prada, insieme agli Zegna e ai Loro Piana. E ancora: Luca Garavoglia della Campari con il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato, un big della siderurgia come Giovanni Arvedi e i Merloni della Ariston. Gianfelice Rocca della Techint e i petrolieri Brachetti Peretti. Tutti hanno inviato bonifici tra 10 e 50 mila euro.

Stefano Achermann, il consulente di banche e assicurazioni che di recente si è messo in società con Fedez, ha contribuito alla campagna elettorale di Calenda a Roma (duemila euro) e a quella di Sala a Milano (duemila euro). Il sindaco di Milano ha incassato contributi provenienti dagli ambienti finanziari che frequenta da sempre. Federico Sarruggia di Permira e Roberto Notarbartolo di Villarosa, l’immobiliarista Daniel Buaron e Marco Drago, che guida il gruppo De Agostini. Solo per fare alcuni nomi. Poi c’è Stefania Bariatti, avvocato e docente universitaria di dichiarate simpatie renziane, presidente fino all’anno scorso del Monte dei Paschi di Siena. Bariatti ha contribuito con mille euro al comitato di Sala. Il sindaco che l’ha nominata nel consiglio di amministrazione di A2a, l’azienda energetica quotata in Borsa e partecipata dal comune di Milano.

Il gruzzolo dei partiti di governo

La Lega, con le varie articolazioni regionali del movimento, è quello che incassa di più, dall’alto dei suoi 13 milioni di euro. Il Pd si accontenta di circa 9 milioni, mentre Fratelli d’Italia ha registrato movimenti finanziari per circa 3,4 milioni, davanti a Forza Italia che si è fermata a quota 2,2 milioni. Caso a parte è quello dei Cinque Stelle, a cui sono andati in totale circa 4,6 milioni inclusi i fondi destinati all’associazione Rousseau di Davide Casaleggio.

La Lega con le sue 35 articolazioni sul territorio ha raccolto quasi 5 milioni di euro e al partito di Salvini ultimamente guardano con molto interesse alcune catene commerciali del settore mobili. Giovan Battista Carosi, patron di Mondo Convenienza, lo scorso 6 settembre ha donato 50 mila euro, il 27 luglio altri 50 mila li ha invece dati la Giessegì, industria mobili del Maceratese che Salvini ha visitato in uno dei suoi tour elettorali. Il patron Gabriele Miccini lo scorso marzo ha chiesto alla Lega di sostenere la riapertura immediata dei negozi di mobili. In Liguria, la Green Up, il 2 settembre 2020, ha erogato alla sede regionale del Carroccio 15 mila euro: la società gestisce la discarica di Bossarino nel Savonese ed è amministrata da Flavio Raimondo, manager anche della Ecosavona che ha sponsorizzato la squadra di calcio di Vado, la Vadese.

Il Pd di Enrico Letta a livello nazionale raccoglie meno di 3 milioni, ma il grosso lo gestiscono le 100 sezioni locali che hanno ricevuto oltre 6 milioni di euro. E con qualche conflitto di interesse. Ai dem di Rimini, ad esempio, il 21 settembre la società immobiliare Sias e la Costruzioni meccaniche Paglierani hanno donato quattromila euro ciascuna. Pochi giorni prima, la giunta di centrosinistra di Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, aveva dato il suo ok definitivo alla variante per la costruzione di un supermercato nei terreni della Paglierani. A proporre la variante, come segnalano i documenti depositati in Comune, è stata la Sias.

Per Fratelli d’Italia il maggiore donatore è il colosso della sanità privata Gruppo Villa Maria. Che ha il suo cuore in Emilia Romagna ma progetti di espansione anche nel centro Italia e ha erogato 50 mila euro. Euroclinic srl ha donato diecimila euro lo scorso agosto. La Aep (Attività edilizie pavesi) ha versato invece 45 mila in due tranche: l’azienda ha realizzato negli ultimi anni alcuni store di Esselunga con tanto di raccolta di firme tra i cittadini per sostenere la bontà del progetto. Confartigianato Marche ha versato 12.500 euro pochi giorni dopo la proclamazione di Francesco Acquaroli di Fdi come governatore delle Marche. Fondi sono arrivati anche da Confagricoltura, Confapi e Coldiretti che hanno donato tra i mille e i quattromila euro.

Silvio

Forza Italia sopravvive grazie al suo azionista unico Silvio Berlusconi, che si è fatto carico degli oltre 90 milioni di debiti bancari accumulati dalla sua creatura politica. Nell’ultimo anno, l’obolo di Berlusconi, 100 mila euro dalla Fininvest e altrettanti da suo figlio Luigi, ha dato un contributo decisivo per sostenere le casse esauste del movimento. Altri 95 mila euro sono stati versati dal fondatore dell’Università telematica Niccolò Cusano (Unicusano), Stefano Bandecchi. Al secondo posto troviamo invece l’ex presidente di Confindustria, l’imprenditore campano Antonio D’Amato.

Il patron di Unicusano aveva versato 40 mila euro anche nel 2020. Nel frattempo, il partito di Berlusconi è andato al governo e Bandecchi si è messo in scia. Un video postato su Instagram lo ritrae mentre si intrattiene nelle stanze del ministero dell’Agricoltura con il sottosegretario Francesco Battistoni, 54 anni, senatore di Viterbo che ha fatto carriera sotto l’ala protettrice di Antonio Tajani. Nell’aprile scorso, Bandecchi ha annunciato che l’amico Battistoni lo aveva nominato suo “consigliere economico-industriale”. Nel sito del dicastero agricolo, però, non c’è traccia di questo incarico. Nel gennaio del 2020 il futuro sottosegretario berlusconiano incalzò l’allora ministro dell’Università Gaetano Manfredi per ottenere la cancellazione di una norma che penalizzava gli atenei telematici.

Anche per D’Amato il sostegno del partito di Berlusconi si è rivelato molto utile per difendere i profitti dell’azienda di famiglia. L’imprenditore campano controlla la Seda di Arzano, alle porte di Napoli, un gruppo che ha fatto fortuna grazie al packaging. E nei mesi scorsi D’Amato si è speso molto contro la direttiva dell’Unione Europea che minacciava di mettere fuori mercato i contenitori monouso in carta. Il patron della Seda, 700 milioni di fatturato, ha attaccato la Commissione di Bruxelles, paventando il rischio di un “fondamentalismo ambientalista” che finisce per danneggiare la crescita economica. Sulla stessa linea si è schierata anche Forza Italia. Obiettivo raggiunto: il 5 novembre scorso il governo di Roma ha varato un decreto legislativo che recepisce solo in parte le regole stabilite a Bruxelles, salvando i prodotti con rivestimenti in plastica inferiori al 10 per cento del peso.

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