Il parco eolico fantasma di Palena
Spread the love

Ci troviamo a Palena, in Abruzzo, ai piedi di cinque gigantesche pale eoliche ferme da anni.

Il parco eolico fantasma di Palena. Questi aerogeneratori, installati nel 1994 sul crinale montuoso del Parco Nazionale della Maiella, furono parte di un progetto pionieristico: il primo parco eolico d’Abruzzo. All’epoca si puntava sull’energia del vento per innovare il territorio, grazie anche a finanziamenti pilota dell’Unione Europea e fondi pubblici destinati alle rinnovabili. Il progetto nacque con grandi aspettative, ma oggi le turbine sono immobili – “archeologia industriale” la chiama qualcuno – e dominano il paesaggio come tristi monumenti allo spreco.

Un progetto nato vecchio (e costoso)

Le cinque pale furono installate dal Consorzio di Bonifica Sangro-Aventino (con sede proprio a Palena) grazie a un finanziamento arrivato addirittura nel 1985, ma l’iter realizzativo durò quasi dieci anni. Questo ritardo fece sì che le attrezzature fossero “già vecchie prima di essere installate”, parole dello stesso sindaco Domenico Parente. In pratica nacquero obsolete: tecnologia superata e performance deludenti. Quanta spesa pubblica è stata investita? “È stato fatto con i soldi di tutti quanti, tanto per farlo”, ammette amaramente il sindaco. Non ci sono cifre ufficiali qui con me, ma si parla di “moltissimi soldi, probabilmente pubblici” impiegati per un impianto che in pochi anni ha smesso di produrre. Insomma, fondi europei, contributi statali e locali – centinaia di migliaia di euro – finiti in un parco eolico che doveva essere un modello virtuoso e invece si è rivelato un flop.

Dal boom al blocco in pochi anni

Perché queste pale sono ferme? L’impianto di Palena, costituito da 5 turbine di piccola taglia (per una potenza totale di appena 1,8 MW), ha funzionato solo 4-5 anni, e pure male, racconta il sindaco Parente. Dal 2001 è completamente fermo, perché il consorzio bonifica che lo gestiva abbandonò la manutenzione e l’operatività. Nel 2006, tramite una legge regionale, la proprietà è passata al Comune di Palena, ma a quel punto l’impianto era già in rovina. Il Comune provò a salvarlo: affidò una concessione a una ditta privata per valutare un revamping (ammodernamento) delle turbine. Servivano misurazioni del vento per capire se valesse la pena intervenire, ma i risultati non sono mai arrivati a un rilancio. Nel frattempo, 4 turbine su 5 si sono gravemente danneggiate, e solo una – forse – sarebbe tecnicamente recuperabile. Inoltre, essendo in un territorio protetto, ogni lavoro importante avrebbe richiesto permessi ambientali onerosi. Di fatto, da allora nessuno ha più rimesso mano alle pale.

Lo stato attuale e i (mancati) progetti futuri

Oggi le torri eoliche di Palena svettano arrugginite e immobili sulla montagna, ben visibili a chilometri di distanza (persino dalle immagini satellitari). Non producono più energia, e non sono mai state smantellate: rimangono lì, anno dopo anno, nonostante le promesse di recupero. In paese si è parlato spesso di cosa farne. Qualche anno fa si ipotizzava di rimuoverle o sostituirle con turbine nuove, ma nessun progetto concreto è andato in porto. I vincoli del Parco Nazionale e i costi elevati di un revamping hanno scoraggiato sia investitori privati sia enti pubblici. Il risultato? L’impianto resta in limbospento e abbandonato. Ad oggi non risultano piani ufficiali né per riattivarlo né per smantellarlo: le pale di Palena sono congelate nel tempo, “totem dello spreco di fondi pubblici” come le definì una denuncia giornalistica.

Una lezione amara per l’energia verde

Raccontare questa storia, da qui sotto queste pale silenziose, fa riflettere. Doveva essere un simbolo di sostenibilità e sviluppo, invece è diventato un caso di spreco clamoroso. Ogni generatore eolico inutilizzato incrina la fiducia della gente nelle energie rinnovabili: vedere soldi pubblici gettati al vento così alimenta solo scetticismo. L’esperienza di Palena evidenzia errori da non ripetere – iter burocratici eterni, cattiva gestione tecnica, mancata manutenzione – che trasformano un sogno ecologico in un fallimento. E proprio dietro alla retorica della “transizione verde”, qui si nasconde una verità scomoda: senza pianificazione seria e controllo, anche le idee migliori possono finire in niente, lasciando solo pale ferme e promesse tradite. Palena oggi ci insegna questo: ogni progetto green va curato dall’inizio alla fine, altrimenti l’ombra di quelle pale immobili – ombra che ancora si vede sulle mappe – rimarrà a ricordarci quanto è costato quell’errore

Segui il canale Youtube

Segui i nostri approfondimenti: Zone d’Ombra Tv

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Segnalaci la tua notizia