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Sempre più cittadini seguono la voce del pm Varone per chiedere il ritorno in aula dell’inchiesta sulle tangenti al comune di Pescara.

Il collegio del Tribunale di Pescara, presieduto da Antonella Di Carlo ed i giudici Colantonio e Di Geronimo, l’11 Febbraio 2013 si pronunciò con l’assoluzione di tutti gli indagati del “Processo Housework”, relativo a reati di associazione a delinquere, corruzione, concussione, abuso, peculato, truffa e appropriazione indebita, al comune di Pescara. Uscirono vittoriosi dall’aula del Tribunale Luciano D’Alfonso (attualmente in corsa per le primarie regionali abruzzesi del PD), il suo braccio destro Guido Dezio, gli imprenditori Toto e con loro gli altri 20 imputati. Tutto partì nel 2007, con due esposti anonimi inviati al Compartimento di Polizia Postale di Pescara, relativi a condotte di peculato nella gestione dell’anagrafe del Comune. Gli inquirenti, a seguito della perquisizione dell’impiegato Luigi Lagonigro, scoprirono la figura di Guido Dezio ed il suo “librone Mastro”, la cosiddetta: “Lista Dezio”, un grande registro dove venivano annotati nomi e somme di denaro, versate da imprenditori o da privati, classificate sotto due colonne “colonna B” e “colonna N”. La pubblica accusa del pm Varone si concentrò sul reato corruttivo, sul fatto che la B stesse per “bianco”, ovvero versamento contabilizzato, mentre la N stesse per “nero”, ovvero versamento occulto. Pur avendo ammesso di aver vergato di suo pugno quelle somme, Dezio dichiarò al processo che quei soldi non erano altro che donazioni spontanee al partito (La Margherita) e all’ associazione Europa Prossima (onlus politico/culturale facente capo a D’Alfonso) da parte di imprenditori e privati. Per di più, contro ogni logica, Dezio dichiarò che la “N” non stava per “nero” ma per “donazione negata”. I cittadini si chiedono: com’è possibile che le donazioni, che per definizione dovrebbero essere libere e imprevedibili, fossero annotate con il valore numerico di un contributo negato? Dal fascicolo emesso dal Tribunale Ordinario di Pescara, che documenta la sentenza di assoluzione, emergono una miriade di irregolarità processuali, omissione di prove testimoniali e documentali decisive, omissione di atti e, soprattutto, valutazioni di responsabilità penale prive della volontà di cogliere qualsiasi elemento deduttivo che vada al di là dell’eclatanza. Il Tribunale ha utilizzato il punto fermo per cui, per precetto normativo, non spetta al sindaco la funzione e l’onere di verifica dell’azione dei sottoposti. Secondo questa chiave di lettura, il tribunale sostiene che pur avendo Guido Dezio ricevuto denaro da parte di imprenditori, non c’è prova che di quel denaro ne ha beneficiato d’Alfonso. Per questo, tutte le ingenti somme, sono state inquadrate come: “regali per amicizia” e lontane dall’atto corruttivo. I cittadini si chiedono perché il tribunale ha fatto finta di non vedere le modalità anomale di gestione dei 4 conti bancari di D’Alfonso; i movimenti degli 8 libretti postali intestati alla madre e al padre; nessun occhio sugli spostamenti di denaro a 4 zeri che sono passati tra i conti dei genitori di D’Alfonso e l’imprenditore Eredi Cardinale (40.000 euro); le testimonianze di Zuccarini, ex tesoriere della Margherita, che denunciò per iscritto il fatto che Dezio prelevava per D’Alfonso i soldi che venivano versati al partito? Nessun valore alle connessioni temporali tra le donazioni degli imprenditori a Dezio e gli investimenti di D’Alfonso e soprattutto i numerosi viaggi affrontati dall’ex sindaco di Pescara nel biennio 2004-2006, senza che dai suoi conti correnti ci fosse l’uscita di un euro ma, poco verosimilmente, tutti giustificati con: “ha pagato mamma” o “ha pagato tutto l’imprenditore Toto a titolo di amicizia”. In questo momento si sta aspettando solo un’azione della magistratura poiché, per i cittadini, il Processo Housework è da considerarsi riaperto. di Marco Minnucci

Alcune storie che fanno ridere. Dalla lettura dei documenti della procura ho trovato tantissime storie che fanno “ridere” (per non piangere), dichiarazioni e posizioni assunte dagli indagati, omissioni processuali e chi più ne ha più ne metta. Per ragioni di spazio ne ho scelte 4 ma, come ho detto, accetto la proposta se qualche editore mi da l’incarico di un romanzo a puntate dal titolo: “Se non fosse da piangere, verrebbe da ridere”

●Acquisto della Volvo Il 23 giugno 2005 Luciano D’Alfonso acquista una Volvo XC 90 per il prezzo di euro 25.000,00 (al netto della permuta realizzata). Lo stesso giorno la Sisti Auto emette fattura per euro 38.690,00 (25.000 pagati da D’Alfonso e 13.690 euro derivati dalla permuta). Come paga D’Alfonso quei 25.000 euro? 12.000 euro con un assegno tratto dal conto corrente alla Banca Popolare dell’Adriatico e 13.000 euro in contanti. Da dove vengono i 13 mila euro del contante? Il Tribunale sostiene che il contante deriva da un prelievo alla Caripe. Ciò è falso poiché, pur essendo vero che D’Alfonso prelevò 12.525 euro alla Caripe, tuttavia tale prelievo fu effettuato il 30 giugno 2005, mentre l’auto, come abbiamo detto, è stata pagata il 23 giugno 2005. Addirittura a un certo punto dell’esame dibattimentale fu lo stesso D’Alfonso che rilasciò una dichiarazione che chiarì la circostanza: “Corrispondo a tutto quello che avete detto, ma ricordo che la parte restante, 13.000 euro in contanti mi pare… me l’hanno data i miei genitori”. Il bello deve ancora venire: non esiste nessuna transazione bancaria o postale che dimostri che i genitori abbiano mai prelevato una somma corrispondente. Ciò non significa niente, è ovvio, il motivo è che i genitori di D’Alfonso tenevano tutti i soldi nel materasso. Tuttavia ciò è molto rischioso di questi tempi, in giro ci sono molti ladri la cui unica ragione di vita è rapinare i cittadini. Attenzione!

●Dezio ha ammesso che la parte della lista in cui compaiono nomi manoscritti è di sua mano; Dezio ha ammesso che sono di sua mano le restanti notazioni in cifre; Dezio ha ammesso che sono di sua mano le B; Dezio ha ammesso che sono di sua mano le N scritte a mano; Dezio HA NEGATO che sono sue le N scritte a macchina.

●Luciano D’Alfonso, Guido Dezio assolti dal reato di cui al capo q) (concussione a danno dell’ingegner Tino Bellafronte Taraborrelli detto “tino”)

Tra il 7 Aprile e il 5 Maggio 2006 Taraborrelli ha eseguito numerosi prelievi dal suo conto per un importo superiore a 8 mila euro. Taraborrelli compare nella Lista Dezio con 8 N (quindi 8.000 euro in nero). Con la determina del 10 Marzo 2006, firmata dall’ingegner Cirone, Taraborrelli è stato nominato consulente del comune di Pescara per incarico professionale. Il tribunale ha valutato ciò come una casualità, fidandosi della deposizione degli indagati. Pubblica accusa: “Come giustifica l’elargizione degli otto mila euro in contati?” Taraborrelli: “Ho fatto una donazione alla Margherita”. Pubblica accusa: “Lei, Taraborrelli, ha ammesso, e tutti lo sanno, che è di Centro Destra, non un simpatizzante, addirittura è stato un dirigente ai lavori pubblici del comune di Montesilvano nominato dalla giunta di centro destra”. Taraborrelli: “Beh… si può sempre cambiare idea”

Taraborrelli, già nel 2005, subito dopo avere ottenuto due incarichi dall’amministrazione di Pescara a firma geom. Leombroni, altro fidatissimo collaboratore del D’Alfonso, aveva già elargito 5.000 euro in favore di Europa Prossima (onlus politico/culturale facente capo a D’Alfonso): Pubblica accusa: “Come giustifica l’elargizione dei 5.000 euro in favore di Europa Prossima?” Taraborrelli: “Li ho versati perché ero a favore di un ente che stava nascendo e volevo esserne un sostenitore. E’ stato un versamento per spirito cittadino.” Pubblica accusa: “Ha mai partecipato a qualche iniziativa di Europa Prossima?” Taraborrelli: “No” Pubblica accusa: “Dove sta la sede?” Taraborrelli: “Non lo so” Pubblica accusa: “Di cosa si occupa quest’associazione?” Taraborrelli: “Non lo so”

●Luciano D’Alfonso, Guido Dezio, Pietro Colanzi assolti dal reato di cui al capo r)

Pietro Colanzi il 18 Aprile 2006 preleva dal suo conto corrente 6.000 euro, senza nessuna causale dichiarata. Colanzi finisce nel Libro Mastro di Dezio con l’annotazione “5N” (ovvero 5.000 euro a nero). Il Tribunale asserisce che 6.000 non è sovrapponibile a 5.000. Affermazione che avrebbe un senso logico se il prelievo fosse inferiore alla dazione annotata. La “Lista Dezio” riporta, nell’elenco scritto con mezzo meccanico a colonne parallele, il nominativo di “Colanzi Pietro”. Accanto al cognome è annotato a mano l’appunto: “5N” e un asterisco. Il riferimento è “Casoli via Ascigno”. A tale indirizzo hanno sede tanto la Colanzi Srl, quanto la Colanzi Costruzioni snc. Dunque, non è dubitabile che l’appunto si riferisca a tutte le imprese del Colanzi. Se è vero, poi, che la Colanzi Costruzioni snc non è rappresentata dall’odierno imputato, è –altresì- vero che la Colanzi Srl era, certamente, nell’anno 2006 rappresentata proprio da Colanzi Pietro, che –nella detta qualità- sottoscrive, in data 9 giugno 2006, un contratto di appalto (lavori per il parco archeologico di Colle Telegrafo per l’importo di euro 187.360,90) con il comune di Pescara.

Marco Minnucci

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