Il vaccino anti-Covid e il business di Big Pharma: a Wall Street si punta sui "cavalli" vincenti
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Il vaccino anti-Covid aggredisce il virus e quindi funziona. Per il suo rilascio, però, ci vorrà ancora del tempo. Presumibilmente si parla di un periodo che va tra i 12 e i 18 mesi. Un dato positivo si registra in Borsa, dove il valore delle aziende impegnate per la scoperta vaccinale hanno incrementato il proprio valore di ben 175 miliardi.

Le favorite sono una decina. Il vaccino potrebbe garantire al suo scopritore tra i 10 e i 30 miliardi di entrate l’anno per arginare la pandemia nell’immediato. Altri 2 – 25 miliardi ogni 12 mesi nella Fase 2, quando si dovrà immunizzare i neonati.

Quelli che cercano il vaccino

Al 5  maggio, secondo l’Oms, allo studio c’erano 118 farmaci di cui 100 in fase-preclinica, quella embrionale, e otto già entrati in quella clinica, con i primi test dedicati alla tolleranza e agli effetti collaterali su una decina di “cavie” umane. Ai nastri di partenza ci sono start-up biotecnologiche che non hanno mai sfornato un singolo farmaco, università, società statali (soprattutto cinesi) e i colossi del Big Pharma. Dalle parti di Wall Street c’è già chi ha puntato i propri soldi su una pattuglia di progetti che sembrano in vantaggio di qualche mese sugli altri. Morgan Stanley ne elenca sei: la cinese Cansino Biologics, la partnership tra l’ateneo di Oxford e la britannica Astrazeneca, la start-up Moderna, Johnson & Johnson e l’asse tra la francese Sanofi e l’inglese Glaxo-Smithkline. Tutte azioni viaggiano in queste settimane vicino ai loro massimi storici.

La gara

“Le autorità stanno lavorando per ridurre al minimo l’iter delle approvazioni pur garantendo la massima sicurezza – assicura il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi – In più la Cina ha messo a disposizione la sequenza virale da gennaio e alcune aziende lavorano su basi di vaccini già esistenti”. Unico problema: solo un prodotto sui dieci che entrano nella fase di sperimentazione su esseri umani arriva sul mercato, con effetti collaterali, problemi di costi o la semplice inefficacia incaricati di fare la selezione darwiniana. Il costo della ricerca per arrivare alla sperimentazione su migliaia di persone è superiore ai 300 milioni, calcola The Lancet.

Moderna, intanto, ha visto il suo valore salire in tre mesi da 7 a 27 miliardi, con un balzo del 20% in una seduta nel giorno in cui ha annunciato i primi risultati positivi della fase clinica su otto volontari che hanno sviluppato anticorpi senza particolari effetti collaterali.

Alti e bassi del listino

Le azioni della giapponese Fujifilm sono balzate in avanti del 50% in due settimane tra marzo e aprile dopo le voci di efficacia anti-Covid del suo prodotto Avigan. Qualche giorno dopo le azioni hanno fatto retromarcia per assenza di prove. Le oscillazioni dei titoli coinvolgono anche Gilead, il produttore dell’anti-virale Remdesivir. Le azione dell’azienda Usa sono balzate dai 60 dollari di inizio febbraio agli 84 del 30 aprile salvo poi scivolare ora a poco più di 70 in attesa di notizie sulla reale efficacia del suo “gioiellino”.  

Il costo del vaccino

Le lobby farmaceutiche hanno portato l’oro in Borsa. Il governo americano sta finanziando con 7 miliardi la ricerca dei privati ma gli aiuti sono arrivati senza condizionalità sul prezzo. I democratici hanno fatto pressione sul congresso per inserire clausole di questo genere.  

Insomma, a Wall Street, una volta trovata la cura, lo scopritore ci farà una valanga di soldi e le campagne di vaccinazioni finiranno per essere più rapide negli stati più ricchi. La fondazione Bill e Melinda Gates prevede che per inoculare le dosi a 7 miliardi di persone serviranno 30 miliardi. Morgan Stanley stima un prezzo attorno ai 30 dollari a dose negli Stati Uniti e cifre inferiori per l’Europa.  

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