A prima vista sembra l’ennesima struttura rurale dimenticata tra le montagne abruzzesi. Ma basta avvicinarsi per scoprire che non si tratta solo di un edificio abbandonato, bensì di un simbolo concreto di una gestione pubblica che ha fallito su tutta la linea.
Il villaggio abbandonato. Siamo a Villa Santa Maria, in provincia di Chieti, un piccolo borgo noto per le sue tradizioni culinarie e per la storica Scuola Alberghiera. È qui che, negli anni ’90, la Comunità Montana decise di investire soldi pubblici nella costruzione di un centro dedicato alla ristorazione e allo sviluppo locale. Un’idea nobile, almeno sulla carta. Ma oggi, a distanza di decenni, quella struttura è completamente abbandonata. E il conto – in termini economici e politici – è stato lasciato ai cittadini.
La storia: quando tutto sembrava possibile
Negli anni Novanta, le Comunità Montane rappresentavano un punto di riferimento per i piccoli comuni dell’entroterra. Con fondi regionali, statali e comunitari, questi enti potevano investire in infrastrutture, turismo e promozione territoriale. È in questo contesto che nasce la struttura di Villa Santa Maria: un edificio destinato a diventare un polo per la ristorazione, con l’obiettivo di valorizzare le tradizioni locali e offrire occupazione. Il progetto fu affidato a una cooperativa del territorio, che avrebbe dovuto gestire la struttura e attivare i servizi. Ma il sogno si infranse presto.
Tre cooperative. Nessuna soluzione.
La prima cooperativa lasciò l’incarico dopo poco tempo. Subentrò una seconda. Anche questa, dopo un breve periodo di attività, chiuse i battenti. Infine arrivò una terza cooperativa, con lo stesso identico epilogo. Nessuna delle tre riuscì a mantenere viva la struttura, né a renderla sostenibile. Le cause? Un mix di carenza di progettualità, mancanza di controllo da parte degli enti pubblici e – forse – una sottovalutazione delle reali esigenze del territorio.
La struttura, dunque, passava di mano in mano, mentre il degrado iniziava a farsi spazio tra i muri, gli infissi e i tetti. Nessuno interveniva. Nessuno sembrava interessato a capire perché un investimento pubblico fosse finito così.
La legge regionale del 2009 e l’inizio del limbo
Nel 2009, la Regione Abruzzo approvò una legge che rivoluzionava le Comunità Montane. Molte di esse vennero soppresse, altre accorpate. La struttura di Villa Santa Maria, inizialmente in capo alla Comunità Montana locale, passò sotto la competenza della Comunità Montana Montagna Sangro Vastese.
Peccato che quel passaggio non comportò alcun rilancio. Al contrario: l’edificio, ormai privo di gestione e di fondi, entrò a far parte del cosiddetto “piano di liquidazione”, l’ultima fermata prima del definitivo oblio.
Oggi la struttura è formalmente in attesa di essere liquidata. Ma nei fatti è semplicemente abbandonata.
Cosa vuol dire “piano di liquidazione”?
In teoria, un bene inserito in un piano di liquidazione dovrebbe essere venduto, dismesso o reimpiegato. Nella pratica, però, questo accade raramente. Gli immobili rimangono nel limbo amministrativo, ostaggi di iter burocratici infiniti, valutazioni inconcludenti e – soprattutto – di un totale disinteresse politico.
Il villaggio di Villa Santa Maria è uno di questi casi. Nessun progetto di recupero. Nessun tentativo di rilancio. Nessuna iniziativa concreta. Solo degrado, ruggine, tetti sfondati, vegetazione che invade i corridoi e silenzio. Un silenzio assordante.
Quanti soldi pubblici sono stati spesi?
La domanda più semplice è anche quella più difficile a cui rispondere. Non esiste – o meglio, non è stato ancora reso pubblico – un rendiconto chiaro delle spese sostenute per la costruzione e la gestione iniziale della struttura. Le cooperative che si sono succedute non hanno lasciato dietro di sé bilanci accessibili, né rendicontazioni trasparenti.
Eppure è evidente che i costi ci sono stati. E non pochi. Dalla progettazione alla costruzione, fino alla gestione iniziale, parliamo di centinaia di migliaia di euro, se non di più. Denaro pubblico. Denaro dei cittadini.
Chi doveva controllare?
Anche qui il meccanismo è viziato all’origine. I controlli sulle cooperative, sulla gestione e sull’efficacia del progetto spettavano agli enti locali. Ma tra passaggi di competenze, riforme regionali e disinteresse istituzionale, nessuno ha mai vigilato con rigore. Nessuno ha mai chiesto conto del fallimento. Nessuno si è assunto responsabilità.
E così, mentre altrove si parlava di sviluppo sostenibile e rilancio dei borghi interni, a Villa Santa Maria si assisteva alla lenta agonia di un’opera pubblica nata con buoni propositi e morta nell’indifferenza generale.
Il contesto: abbandono e marginalità
Quello che accade a Villa Santa Maria non è un caso isolato. In tutta Italia, e in Abruzzo in particolare, esistono decine di strutture analoghe: centri polifunzionali mai entrati in funzione, ex colonie trasformate in ruderi, edifici pubblici divorati dall’incuria. Tutti costruiti con soldi pubblici. Tutti sbandierati come “occasioni di rilancio”. Tutti dimenticati.
La marginalità dei piccoli comuni, l’abbandono dell’entroterra e la gestione opaca dei fondi pubblici sono elementi strutturali, non incidenti di percorso. La politica si ricorda di questi luoghi solo sotto elezioni. Poi cala il sipario.
La testimonianza di oggi: una videocamera tra le rovine
Siamo tornati lì, dove tutto è cominciato. Con la videocamera accesa, abbiamo percorso l’esterno della struttura. Abbiamo mostrato ciò che resta: muri scrostati, vetri rotti, tetti pericolanti. Nessuna traccia di vita. Nessuna indicazione di un possibile recupero.
Eppure basterebbe poco. Un piano serio, trasparente, partecipato. Un’amministrazione coraggiosa che decida di non lasciare morire un pezzo di territorio. Ma evidentemente, quel coraggio, manca.
Le domande che restano aperte
- Qual è l’attuale valore stimato dell’immobile?
- Chi è formalmente responsabile del suo stato attuale?
- Cosa intende fare la Regione Abruzzo con le strutture ancora nel piano di liquidazione?
- È mai stato presentato un progetto di recupero? E da chi?
- Cosa ne pensano i cittadini di Villa Santa Maria?
Questo villaggio abbandonato è molto più di una struttura dimenticata. È la testimonianza fisica di un sistema che costruisce per poi dimenticare. Che spende, ma non controlla. Che promette, ma non mantiene.
Guarda il video
Guarda altre storie:
Centro Turistico Isola Verde: milioni spesi, tutto abbandonato.
Il Viadotto Fantasma di Bomba: Storia di un’Incompiuta Italiana