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La Corte d’Appello dell’Aquila ha assolto dalle accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose sei dei 7 componenti dell’ex Commissione Grandi Rischi. In parziale riforma della sentenza di primo grado l’unica condanna a due anni di reclusione e’ stata inflitta a Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile. 

Nello specifico De Bernardinis è stato condannato per uno un solo reato tra quelli contestategli ed assolto da quelli principali. Il primo grado del 22 ottobre 2012 condannò gli imputati sei anni di reclusione.

I sette componenti la Commissione Grandi Rischi, scienziati ed ex vertici della Protezione civile, parteciparono ad una riunione il 31 marzo 2009, cinque giorni prima del terremoto che devastò L’Aquila e il circondario. Furono 1.600 gli sfollati a L’Aquila e circa centomila tra residenti nel capoluogo e i 56 Comuni del cratere. Tutti accusati di avere, al termine di quella riunione, falsamente rassicurato gli aquilani, sottovalutando il rischio sismico e innescando nella popolazione il cambio delle normali abitudini, come uscire di casa dopo forti scosse. Il collegio giudicante era composto dal presidente Fabrizia Ida Francabandera e dai consiglieri Carla De Matteis e Marco Flamini. Il dispositivo della sentenza è stato letto alle 17.15.

Assolti da ogni accusa Franco Barberi, all’epoca presidente vicario della Cgr; Enzo Boschi, già presidente dell’Istituto nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv); Giuliano Selvaggi, allora direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv; Gian Michele Calvi, direttore della fondazione Eucentre, centro europeo di formazione e ricerca in ingegneria sismica e responsabile del Progetto Case; Claudio Eva, ordinario di fisica terrestre all’Universita’ di Genova e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico del dipartimento della Protezione civile. 

Le difese degli imputati, durante il processo d’appello, hanno smontato il castello accusatorio insistendo sul fatto che quella che si svolse a L’Aquila non fu una riunione ufficiale della Commissione Grandi Rischi. In particolare l’avvocatura che rappresenta lo Stato, con i legali Sica e Giannunzi, aveva sottolineato che quella tenuta a L’Aquila non era una Commissione Grandi Rischi e che gli intervenuti parlarono a titolo personale: “Le informazioni riferite sono state rappresentate in maniera distorta, facendo riferimento sia all’ex assessore regionale alla Protezione civile Daniela Stati che alla stampa. Sulla stessa lunghezza d’onda, tra gli altri, anche l’avvocato Alessandra Stefano, legale di Claudio Eva secondo il quale si trattò di “una riunione di singoli”.

“La sentenza di primo grado – aveva sostenuto nella sua arringa – non ha dimostrato che le affermazioni rassicuranti ci fossero state, ma le ha date per scontate fin dall’inizio”. Per l’avvocato Stefano quella riunita a L’Aquila non era una Commissione istituzionalizzata, a parlare furono i singoli esperti e non il ‘soggetto unitario’ Commissione Grandi Rischi. A far da contraltare a questa tesi era stato soprattutto l’avvocato Attilio Cecchini, ‘principe’ del Foro aquilano il quale aveva sostenuto che “la linea giuridica della difesa secondo la quale i sette esperti non si riconoscono nella Commissione Grandi rischi e’ un errore giuridico perche’ in base a quanto scritto su alcune sentenze della cassazione, anche qualora ci fosse stata una irregolarita’ nell’investitura essi comunque indossarono la veste di pubblici ufficiali e dunque gli atti prodotti restano validi”. Per Cecchini, in definitiva, gli scienziati della commissione assunsero ed incarnarono comunque il ruolo di pubblici ufficiali.  

Per ciò che riguarda De Bernardinis la Corte d’Appello lo ha condannato per omicidio colposo relativo, però, solo alle morti di alcune persone rideterminando la pena a due anni. A Guido Bertolaso, ex numero uno della Protezione civile, sono state tolte le pene accessorie con pena sospesa e non menzione. Gli imputati dovevano rispondere del reato di omicidio colposo riferito a 29 vittime del sisma i cui familiari si erano costituiti parti civili e di lesioni colpose nei confronti di quattro persone rimaste ferite

Dunque, i giudici non hanno accolto la tesi accusatoria sostenuta dal pg Romolo Como che aveva chiesto la conferma della sentenza del giudice delle prime cure che aveva inflitto sei anni di reclusione a tutti gli imputati. “La colpa – aveva spiegato il magistrato nella sua requisitoria del 10 ottobre, giornata nella quale si era aperto il processo d’appello – non attiene al mancato allarme ma alla errata, inidonea, superficiale analisi del rischio e di una carente e fuorviante informazione che ha fatto mutare i comportamenti degli aquilani di attuare le tradizionali misure dopo scosse forti. La colpa generica è la negligenza e l’imprudenza nel fare quella valutazione. Sottolineo – aveva proseguito Como – che si cerca di far rientrare dalla finestra quello che si e’ messo fuori dalla porta e cioè il voler presentare espressamente che si e’ trattato di un processo alla scienza. Ma non e’ cosi'”.

ZdO

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