La destra europea che tratta con i russi: dalla Lega ai partiti nazionalisti e xenofobi
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Un fronte sovranista internazionale, che va dalla Lega Nord di Matteo Salvini ai partiti nazionalisti e xenofobi della Germania, Austria, Olanda e altri paesi della Ue. Personaggi che cercano appoggi e organizzano incontri da tenere segreti con la cerchia degli oligarchi che sostengono Vladimir Putin.

Con un mediatore italiano ormai famoso: Gianluca Savoini, l’ex portavoce di Salvini, indagato dal 2019 dalla procura di Milano con l’accusa di aver cercato di procurare finanziamenti russi al Carroccio.

Si tratta di un intrigo internazionale rivelato dal quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung. Messaggi di posta elettronica, scambiati tra il 2013 e il 2019 da politici e portaborse dei partiti più importanti della cosiddetta nuova destra europea. Tutti alla ricerca di una benedizione politica e molto probabilmente anche di soldi da Mosca. I documenti sono stati raccolti dall’organizzazione Dossier Center, finanziata dal miliardario Mikhail Khodorkovsky, oppositore del regime di Putin fuggito a Londra nel 2014 dopo aver trascorso nove anni nelle carceri russe.

Le mail di Savoini  risalgono a un periodo in cui l’avanzata russa in Ucraina era già un dato di fatto.

Così come la prima tornata di sanzioni americane e dell’Unione europea al regime di Putin. Nel 2014, Mosca aveva proclamato l’annessione della Crimea e nel Donbass era scoppiata una guerra civile tra l’esercito di Kiev e le milizie finanziate dal Cremlino.

Il 22 dicembre 2015, Savoini scrive a Claudio D’Amico, già parlamentare della Lega, poi destinato a diventare consigliere strategico di Salvini per gli affari esteri: “È con grande piacere che invito lei e i rappresentanti di Russia Unita (il partito di Putin, ndr) al meeting internazionale di Milano”. Un evento che poi si tenne effettivamente a Milano il 28 gennaio 2016 e vide riuniti i leader dei più importanti partiti populisti europei.

Savoini elenca i partecipanti nella sua mail a D’Amico.

“Saranno presenti Marine Le Pen (FN), Heinz-Christian Strache (Fpoe) e gli altri leader dei partiti che insieme alla Lega Nord costituiscono il gruppo parlamentare a Bruxelles. Prevediamo la possibilità di fare un tavolo chiuso al pubblico che tratterà della situazione internazionale”.

Marine Le Pen è ancora oggi alla guida dell’estrema destra francese, mentre l’austriaco Strache, già vicecancelliere, ha annunciato il suo ritiro dalla politica nell’ottobre del 2019 e l’anno scorso è stato condannato per corruzione. A gennaio del 2016, Savoini allarga l’invito all’ideologo russo Alexander Dugin, un ultrà di Putin, contrattato attraverso sua figlia Daria. Il portavoce di Salvini le fa notare che “ovviamente terremo sotto silenzio la partecipazione di Dugin: ne abbiamo informato solo Le Pen e Strache”.

Finanziamenti ai partiti da Mosca

Pochi giorni dopo il quotidiano inglese “The Telegraph” pubblica un articolo clamoroso su presunti finanziamenti di Mosca ai partiti sovranisti come La Lega, che in quel periodo attaccano dall’interno l’Unione europea. A quel punto Savoini scrive direttamente a Dugin:

“Caro Alexander, la Lega Nord e il suo gruppo nel Parlamento europeo sono sotto attacco della stampa globalista e filoatlantica. Parlano di finanziamenti russi alla Lega Nord. Noi sappiano che non è vero, ma dobbiamo evitare presenze ufficiali all’incontro: il partito di Wilders ha richiesto ufficialmente che non ci siano personalità russe. Konstantin ha telefonato a Marine? Così possiamo organizzare un incontro in un hotel, non in pubblico”.

Kostantin, come si ricava da altre email spedite anche a lui personalmente, è Malofeev, l’oligarca russo ultra-nazionalista che sostiene da anni il partito di Putin. E finanzia la destra integralista ortodossa attraverso la sua ricchissima fondazione intitolata a San Basilio il Grande.

Due anni dopo aver affermato che la storia dei soldi russi era una bugia inventata dalla “stampa globalista”, nell’ottobre 2018 lo stesso Savoini ha poi partecipato al famoso incontro all’hotel Metropol di Mosca. Con tre emissari russi tra cui un ex manager di Malofeev, per trattare un maxifinanziamento alla Lega attraverso una fornitura di diesel russo all’Eni, come ha rivelato l’Espresso nel marzo 2019.

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Come documentano le mail, Savoini continua a fare da tramite tra il partito di Putin, l’oligarca russo Malofeev e i politici europei di estrema destra almeno fino al 2019, cioè prima, durante e dopo la trattativa di Mosca per finanziare la Lega. Il 4 gennaio 2019, in particolare, il mediatore leghista scrive al segretario di un politico dell’Afd, il partito tedesco di estrema destra, che

“mister K è pronto a ricevere lei e il signor Bjorn Hoecke nel suo ufficio a Mosca. Qui vi presenterò Andrey Klimov, capo delle relazioni internazionali di Russia Unita, il partito di Putin. Noi verremo ospitati nella sede centrale del partito. Mentre l’incontro con il signor K sarà privato, ovviamente”.

Dopo altri messaggi organizzativi, il 25 gennaio il portaborse di Berlino, che utilizza il suo indirizzo email del Bundestag, cioè del parlamento tedesco, conferma quali politici dell’ultradestra tedesca sono pronti a volare a Mosca per trattare con il partito di Putin e, riservatamente, con l’oligarca Malofeev:

“Da parte nostra partecipano l’onorevole Frank Pasemann, deputato del parlamento tedesco e tesoriere dell’Afd; l’onorevole Steffen Kotré, deputato del parlamento tedesco e membro della commissione Economia ed energia; e l’onorevole Andreas Kalbitz, deputato del Parlamento regionale e capo della presidenza del Brandeburgo; e John Hoewer, capo dell’ufficio del deputato Pasemann e del gruppo regionale dell’Afd nella Sassonia-Anhalt”.

La delegazione tedesca radunata da Savoini ha poi incontrato Malofeev.

I nomi dei politici tedeschi citati nelle carte sono noti in Germania per le loro posizioni considerate troppo di destra perfino all’interno dell’Afd. Nell’agosto del 2020, Pasemann è stato espulso dal partito con l’accusa di antisemitismo. E un provvedimento simile ha colpito anche Kalbitz.

Anche a nome degli altri giornali che hanno realizzato questa inchiesta, L’Espresso ha inviato a Savoini una serie di domande dettagliata, offrendogli così la possibilità di spiegare e chiarire la sua posizione. La mail non ha però ricevuto risposta.

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