A marzo di quest’anno la commissione Antimafia sulla vicenda che riguarda l’ex presidente di Sicindustria, spiega cos’era il “sistema Montante”: “Una sorta di costituzione materiale della Regione Siciliana capace di resistere per una lunghissima stagione e di interferire sulla politica e sulla spesa delle istituzioni regionali determinando coalizioni e assetti di governo”.
E c’è dell’altro. Dopo 10 mesi di lavoro e 49 audizioni, la commissione presieduta da Claudio Fava ha evidenziato l’intreccio perverso fra l’ex paladino della legalità ed esponenti istituzionali di altissimo livello: ministri, rappresentanti di spicco delle forze dell’ordine. In commissione è stato sentito anche l’ex titolare del Viminale Angelino Alfano, che non ha rinnegato la sua amicizia con Montante: “Io ho interloquito da siciliano con un’icona: cioè lui era creduto! E più era creduto, più diventava credibile, e più diventava credibile più era creduto”, ha spiegato l’ex ministro. Il fatto strano è che quando Montante era già indagato per mafia, lo ha voluto all’agenzia per i beni confiscati e non ha fatto poi nulla per rimuoverlo. “La nomina all’agenzia? Fu un’idea mia. Immaginai di mettere un siciliano, un anti mafioso, il responsabile della legalità di Confindustria nazionale – ha detto Alfano – e, al tempo stesso, uno di comprovata, a quel tempo, competenza manageriale. Poi, venti giorni dopo, c’è stata la rivelazione del segreto istruttorio da parte del giornale e se violavano il segreto istruttorio venti giorni prima non lo nominavo”.
Nessuna revoca arrivò nemmeno quando si diffuse la notizia su Montante. Alfano, stando agli atti giudiziari, incontrò sette volte l’indagato: “La mancata rimozione di Montante? Eravamo di fronte ad un’iscrizione nel registro degli indagati, divulgata da un giornale, non eravamo in presenza dell’arresto”, spiega l’ex ministro. “Sì, dopo la notizia dell’indagine – ancora Alfano – lo incontrai diverse volte, non ricordo se furono sette… Mi venne a spiegare proprio le ragioni della sua autosospensione dall’agenzia… quando si seppe dell’indagine non ci fu l’unanimità di un coro indignato contro Montante. Tutt’altro… si trattava di un qualcosa di rivelato giornalisticamente, non ci fu, assolutamente, l’idea che si facesse riferimento ad una personalità che da un momento all’altro rischiava di essere condannato per mafia”.
Cene con magistrati e prefetti
Per capire la potenza di Montante basta rileggere la testimonianza dell’ex prefetto Carmine Valente, che cita di nuovo Alfano. Parla delle visite a casa dell’allora presidente di Sicindustria: “Qualche volta sono stato anche da solo ma c’è stato Lari con me, c’è stato il presidente della Corte d’Appello Cardinale, c’è stata la Sava e quando è arrivato una volta a Caltanissetta, in visita, il vicepresidente del CSM, a casa sua (di Montante, ndr) c’è stata una cena con tutti i vertici della magistratura siciliana, erano quindici persone tra cui c’ero io… Lui era anche amico del ministro, amico di Alfano, lo chiamava e qualche volta me l’ha anche passato ed io ho parlato con Alfano. Con la Cancellieri aveva dei rapporti anche pregressi”. Quando i commissari chiedono cosa si dissero il prefetto e Alfano in quella conversazione datata 18 dicembre 2013: “Montante – la risposta di Valente – mi passò Alfano per farmi dire dal ministro che si poteva concludere la mia situazione a Caltanissetta a breve”. Era così potente, il guru dell’antimafia, da fare da intermediario con il capo del Viminale sulla rotazione dei prefetti.
di Antonio Del Furbo