La Rai, Foa e l'affare da un milione di euro
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Dopo la pubblicazione di Repubblica sulla tentata truffa in Rai, Marcello Foa non la prende bene e minaccia querele. Il presidente della Tv di Stato si definisce parte lesa della vicenda.

La storia ha origine al settimo piano di viale Mazzini, negli uffici del Presidente Marcello Foa. Una vicenda che arriva fino ad arrivare in Israele per poi rimbalzare tra Milano, Ginevra, e una banca cinese in quel di Hong Kong. Al centro una “stangata” da 1 milione di euro tentata esattamente un anno fa. A cui, a quanto pare, il Presidente della Rai aveva abboccato ma che l’amministratore delegato Fabrizio Salini aveva sventato.

La Procura di Milano e l’Arma dei carabinieri stanno lavorando da oltre un anno al caso. Nel mirino di una organizzazione criminale sono finite 27 grandi aziende a cui sono stati sottratti 10 milioni di euro.

“Truffa del Ceo”, la chiama chi indaga. Lo Chief Executive Officer rappresenta la figura apicale di ogni azienda. Considerato per questo l’anello più solido della catena di comando di una governance.

Da quel lunedì del 29 aprile del 2019 Foa si è dichiarato parte lesa: “io stesso ho denunciato alle autorità competenti – dice Foa a Repubblica – e mi sono imposto di non rilasciare dichiarazioni per non interferire nell’attività della magistratura”.

La richiesta di pagamento

Quel 29 aprile, sulla casella di posta elettronica del Presidente della Rai arriva una email il cui mittente – giovannitria@mef.gov – suggerisce al destinatario la massima cura. Giovanni Tria, allora ministro dell’Economia del governo giallo-verde – quello che ha posizionato Foa alla Presidenza – sollecita con tono informale che la Rai liquidi il compenso pattuito in un contratto internazionale con delle società cinesi. Un milione di euro. La mail avvisa Foa che le istruzioni di dettaglio arriveranno da un avvocato d’affari con studi a Milano e Ginevra, indicato con il nome di Francesco Portolano.

“L’avvocato Portolano raggiunge telefonicamente Foa per spiegargli come e attraverso quali canali l’operazione di pagamento andrà finalizzata” spiega Repubblica. Foa non ricorda se la telefonata arrivi sul suo smartphone personale o su quello aziendale. Ricorda che il giorno successivo, martedì 30 aprile, risponde al ministro Tria annunciandogli che provvederà ad evadere la sua richiesta. Non personalmente, ma attraverso gli uffici dell’amministratore delegato Fabrizio Salini. Che infatti incontra quel giorno.  

 Salini dubbioso

Salini all’incontro con Foa si mostra dubbioso. Del milione dovuto a società cinesi Salini non ha infatti mai sentito parlare. E, tra l’altro, lo incuriosisce la singolare modalità con cui l’operazione viene sollecitata. Chiede inutilmente al Presidente di avere copia della mail che ha ricevuto da Tria, senza ottenerla.

Qualche ora dopo sulla sua casella di posta arrivano due mail, da due diversi indirizzi a lui sconosciuti, e di contenuto identico a quella ricevuta da Foa. Salini torna dunque a sollecitare Foa, che pure continua ad apparirgli tranquillo. “Gli chiede se avesse avuto prima di allora rapporti con quell’avvocato Portolano, ottenendone un rotondo “no”. E, nondimeno, lo convince a telefonargli di fronte a lui. È una comunicazione che, nei ricordi di Salini, dura pochissimo. Foa chiede spiegazioni, ma non ottiene dal professionista altro che una frettolosa conclusione della conversazione. Foa si congeda da Salini e lascia Roma per qualche giorno di vacanza.”

La risoluzione

Salini in quelle ore fa quello che Foa non ha fatto. Telefona a Tria. E scopre che non esiste alcuna mail inviata dall’account o da account del ministero al Presidente o all’amministratore delegato della Rai. Tria non sa nulla né di cinesi, né di contratti garantiti dalla mediazione di un asserito avvocato Portolano. Il 2 maggio l’Amministratore delegato si presenta dai carabinieri e denuncia la truffa. Quattro giorni dopo, al rientro a Roma, informa Foa.  

Il silenzio

Foa informa di quanto accaduto e della denuncia che ha presentato il Collegio dei sindaci dell’azienda il 13 maggio. Declina la richiesta di Salini di avere copia della famigerata mail iniziale ricevuta dal sedicente Tria e della risposta che lui stesso gli avrebbe inviato il giorno successivo. Foa viene anche sentito dalla Procura di Roma. 

La Commissione convoca Salini e Foa. Non si capisce perché Foa non si sia mosso con tempestività.

La Procura di Roma identifica l’avvocato Francesco Portolano. Un professionista di primissimo livello con uffici a Milano e Ginevra. Anche lui è una vittima della truffa. Anche la sua identità, come quella di Tria, è stata infatti sottratta dagli architetti della stangata. Chi ha parlato con Foa non era Portolano.  

I due italiani in Israele

Vittima delle truffe non è solo la Rai ma anche altre grandi aziende. Ventisette solo in Italia. Il modello sempre identico: mail al Ceo, piena e riservata collaborazione per la definizione di operazioni finanziarie strategiche e, a quel punto, il finto avvocato d’affari. La Procura di Milano conta che almeno cinque siano le stangate andate a segno. Soprattutto si riesce a dare un volto ad almeno due giovani italiani che hanno lasciato l’Italia da qualche anno per stabilirsi in Israele. A breve dovrebbero essere arrestati.

 Foa: “mai autorizzato operazione”

“È falso che io abbia mai autorizzato una operazione da un milione di euro” aggiunge Foa. “È anche falso che io sia il ‘Ceo’ della Rai, come invece vengo presentato nell’articolo. Senza entrare in dettagli coperti da segreto istruttorio, riguardo alla successione degli eventi e ai contenuti rilevo significativi discostamenti dalla verità. È poi falso quanto scritto da ‘la Repubblica’ e cioè che ‘Foa chiede che il pagamento venga effettuato dall’amministratore delegato Salini’. E gravemente ambigua e fuorviante – insiste Foa – è la formulazione del titolo in prima pagina e di quello all’interno del quotidiano: ‘Ecco la strana storia della tentata truffa alla Rai di Marcello Foa’. Per tutto questo ho dato mandato ai miei avvocati di agire legalmente”

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