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Un altro Natale da festeggiare: il duemilatredicesimo per la precisione. È sempre una gran gioia per me festeggiarlo. È come se il tempo si cristallizzasse e tornasse, per poche ore, all’età adolescenziale. È come se tornasse a quel mondo magico dove tutto era bello: l’aria, l’acqua. Dove tutto era sincero: i sorrisi, gli sguardi, le parole.

Un altro Natale da festeggiare: il duemilatredicesimo per la precisione. È sempre una gran gioia festeggiarlo. È come se il tempo si cristallizzasse e tornasse, per poche ore, all’età adolescenziale. È come se tornasse a quel magico mondo dove tutto era bello: l’aria, l’acqua. Dove tutto era sincero: i sorrisi, gli sguardi, le parole. Dove nessuno era nemico e tutti si amavano. Erano gli istanti in cui c’era l’umanità vera, l’essenza della vita. Istanti di baci e abbracci, di cene e sgommate in auto. C’era il candore della neve che scendeva nella notte della vigilia, il calore del fuoco di un camino, la voce appassionata di un frate che annunciava la nascita di Gesù. Poche cose ma miracolosamente vere. In genere, si dice, che chi ricorda il passato è un inguaribile malinconico. Eccessivo. Bugia. Siamo a Natale e non bisogna dire le bugie. Chi sottolinea le gesta importanti, quelle vere e magari di grandi uomini, è sempre scomodo per i sostenitori dell’attuale modello di vita. Tutto ruota intorno al denaro. Da tanto tempo, da troppo tempo. È il nuovo dio quello per cui si è capaci di fare qualsiasi cosa per ottenerlo. Tutti sono caduti nella trappola e molti non ancora lo sanno. La felicità è la rata di un auto che è stata acquistata. La felicità è un pantalone acquistato da Dolce&Gabbana. La felicità è un iPhone5s. Si combatte una guerra contro il prossimo e poi, quando si rimane soli in casa la sera, ci si chiede il perché. In molti hanno pregato per ottenere la società individualista e, ora che ce l’hanno, soffrono. Sono quelli che comprano un cane per non sentirsi soli. Illusi. Sono quelli che rimodulano i principi, le virtù e negano l’esistenza di Dio. Gli stessi che poi sono costretti ad incanalarsi nei locali del sabato sera e ubriacarsi. Sono quelli che ad agosto devono partire per due settimane per fuggire non sanno da cosa e da chi. Illusi. Individualisti e pure idioti. Tanto idioti. Ricordo quell’Alessandro Bianciardi che negli anni ’60 voleva far saltare in aria la Montecatini. Quell’uomo l’ho amato dal primo momento che l’ho letto. L’anarchico che voleva distruggere il simbolo del nuovo modello di vita. Quella catena di montaggio che stava spostando le masse dalle campagne alle città in nome di una fantomatica rivoluzione industriale. L’avessero fatta saltare in aria ci saremmo risparmiati anni di lotte, di morti e di battaglie sindacali. Ci saremmo risparmiati gli anni di piombo. Ci saremmo risparmiati, soprattutto, giudici che hanno assassinato in carcere uomini innocenti. La morte di Pinelli e di Luigi Tenco. Saremmo rimasti nelle campagne ad ascoltare i concerti di Fabrizio De Andrè e, forse, avremmo sentito molto più il Natale.


Antonio Del Furbo 

 



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