Si è spento questa mattina alle 7:35 Jorge Mario Bergoglio, primo Papa sudamericano e uno dei pontefici più controversi e innovatori della storia recente della Chiesa cattolica.
Papa Francesco è morto: fine di un’epoca rivoluzionaria. Questa mattina, alle 7:35, nella residenza di Casa Santa Marta in Vaticano, si è spento Papa Francesco. Il mondo si è fermato per un istante. Non solo il mondo dei credenti, ma anche quello dei critici, degli osservatori, dei lontani dalla fede. Perché Jorge Mario Bergoglio, argentino di Buenos Aires, non è stato un papa come gli altri.
Con la sua morte si chiude un’epoca travagliata e irrequieta della Chiesa cattolica: un pontificato segnato da spinte riformatrici, aperture epocali, duri scontri interni e contraddizioni mai del tutto risolte.
Un Papa fuori dagli schemi
Dal 13 marzo 2013, giorno della sua elezione, Bergoglio ha rotto ogni protocollo. Il nome scelto — Francesco, mai usato da un Papa — fu un messaggio chiaro: richiamo al poverello d’Assisi, simbolo di umiltà, giustizia sociale e rinuncia al potere materiale. Ma il gesto più potente fu forse il primo: si affacciò al balcone di San Pietro e chiese alla folla di pregare per lui, prima ancora di impartire la benedizione. Da subito, un’inversione dei ruoli.
Rinunciò ai palazzi vaticani per vivere a Santa Marta, spostandosi in Ford Focus, telefonando personalmente ai fedeli, abbracciando emarginati, visitando carcerati e migranti, ricevendo capi di Stato e atei con la stessa attenzione. In questo stile radicale, molti videro la speranza di una Chiesa “più vicina alla gente”.
Le riforme e le resistenze
Papa Francesco ha tentato riforme profonde. Ha toccato il potere economico del Vaticano, ha rivisto i meccanismi di governo della Curia, ha messo mano alla gestione dello IOR (l’Istituto per le Opere di Religione), ha istituito commissioni contro la pedofilia e promosso la trasparenza.
Eppure, proprio queste aperture hanno generato resistenze feroci. Una parte del clero lo ha accusato di indebolire la dottrina, di confondere i fedeli, di cedere allo “spirito del mondo”. I cardinali conservatori — su tutti Müller, Burke, Sarah — hanno più volte apertamente contrastato le sue scelte, a volte sfidandolo pubblicamente.
Le ferite della Chiesa
Il pontificato di Francesco è stato attraversato da crisi dolorose: gli scandali legati agli abusi sui minori, che non ha sempre gestito con la fermezza sperata; le inchieste sulle finanze vaticane, tra processi e dimissioni eccellenti; i dissidi mai sanati con settori dell’episcopato americano e tedesco; le divisioni all’interno del Sinodo sulla famiglia e poi su quello dell’Amazzonia.
Eppure, ha insistito su una parola: misericordia. L’ha fatta cardine del suo pontificato. Ma quanto è difficile esercitare la misericordia in un’istituzione che conserva ancora tratti monarchici e gerarchici profondamente radicati?
L’uomo della politica
Papa Francesco è stato anche uomo di politica. Ha parlato del clima, dei migranti, dei poveri, delle guerre. Ha criticato il capitalismo selvaggio, ha chiesto la cancellazione del debito dei paesi poveri, ha denunciato il commercio delle armi. Con l’enciclica Laudato si’, ha portato l’ecologia al centro del pensiero teologico, ricevendo elogi e insulti da ogni parte del mondo.
Non è mancata la diplomazia: l’accordo (discusso) con la Cina, il dialogo con l’Islam, l’apertura verso la Russia anche durante la guerra in Ucraina, la visita a Cuba, le relazioni con i patriarchi ortodossi, la critica alla NATO “che abbaia ai confini della Russia”.
Bergoglio non è stato mai neutrale. E questo, in un tempo di ipocrisie e silenzi, lo ha reso un Papa difficile da incasellare.
Il peso della solitudine
Negli ultimi anni, le sue condizioni di salute sono peggiorate. Interventi chirurgici, difficoltà motorie, viaggi più brevi, apparizioni sempre più rare. Nonostante tutto, ha continuato a lavorare, ricevere, parlare, scrivere. Fino a pochi giorni fa, Francesco era ancora lì: stanco, sofferente, ma lucido.
Era anche solo. Lo si avvertiva. Molti lo osannavano pubblicamente, pochi lo sostenevano realmente. Altri, in silenzio, aspettavano solo la fine. Perché, in fondo, un Papa che parla di “Chiesa in uscita” fa paura.
E adesso?
Con la morte di Papa Francesco si apre un vuoto profondo. Un vuoto spirituale, politico, culturale. E si apre un conclave difficile, probabilmente teso. Chi prenderà il suo posto dovrà decidere se proseguire nel solco tracciato da Bergoglio o riportare la Chiesa su un binario più tradizionale.
La sua eredità è ancora tutta da comprendere. Ha cambiato il linguaggio, lo stile, alcuni paradigmi. Ma ha anche lasciato nodi irrisolti, spaccature, interrogativi pesanti.
Forse è proprio questo il senso ultimo del suo pontificato: non dare risposte, ma porre domande. E chiedere alla Chiesa — e al mondo — di trovare il coraggio di affrontarle.