Per Michele è partita una raccolta fondi per permettergli di far fronte alla condanna che il giudice gli ha inflitto in sede civile. Una somma di ben 40.630 euro.
Ben 7 anni per arrivare a processo sulla frode chiamata “Patata gate”. E 23 persone coinvolte con la maggioranza rinviata a giudizio anche per associazione per delinquere finalizzata a commettere frodi ai danni della Grande distribuzione organizzata e dei consumatori. Al momento però, a essere condannato è Michele, colpevole secondo il Tribunale di Bologna di aver raccontato a Report la frode nazionale. Ora è costretto a risarcire subito con 40.630 euro gli stessi accusati di associazione per delinquere nel mentre il processo generale contro la frode va a rilento e rischia la prescrizione. Inchiesta che partì proprio quando Report dedicò un servizio approfondito al cosiddetto scandalo “Patata Gate”. Tra le parti offese Conad, Esselunga, Pam e anche Coldiretti, il Ministero delle Politiche Agricole e l’Unione Europea.
Il “Patata gate”
Tutto parte nel 2014 quando il consorzio di tutela della patata di Bologna Dop intima un’azione legale. Le due principali associazioni dei produttori emiliano-romagnoli, Assopa e Appe, parlano di “operazioni speculative” e di “un’informazione mediatica non sempre corretta” che rischiano di vanificare il lavoro di anni per costruire una filiera di qualità. Si parla di patate importate dalla Francia e spacciate per italiane. E l’azienda Romagnoli, la prima finita sul tavolo degli imputati, mostra carte e numeri.
L’inchiesta
Tutto parte con il sequestro da parte della Forestale di un camion di patate arrivato dalla ditta Comyn di Picardie destinato alla Romagnoli Fratelli Spa di Bologna con a bordo una bolla di accompagnamento che parlava di tuberi coltivati in Italia e non in Francia. “Un semplice errore amministrativo”, si è subito difeso Giulio Romagnoli, il titolare dell’azienda di Molinella, alle porte di Bologna. Da Bologna l’inchiesta si allarga a un presunto giro europeo di patate in partenza dalla Francia con bolle d’accompagnamento francesi trasformate in italiane grazie al filtro intermedio di alcune società commerciali, come la padovana Agriveneto o la napoletana Covone. Patate francesi, dove le maglie dei trattamenti fitosanitari sono molto più larghe che in Italia, sarebbero diventate italiane al 100%.
La denominazione d’origine
A pagare il prezzo più alto del “patagate” è il consorzio di tutela della patata di Bologna Dop, “che non ha alcun legame con le vicende denunciate”, sottolinea il presidente Alberto Zambon. La Dop è riconosciuta solo per la varietà primura, che non esiste all’estero e in Italia viene coltivata al 95% in Emilia-Romagna e al 5% in Veneto. Una nicchia di eccellenza che non raggiunge i 90mila quintali certificati e i 350 ettari coltivati.
I numeri della Romagnoli
La Romagnoli Fratelli Spa prima ancora di essere leader nelle patate da consumo è leader nella ricerca varietale e della distribuzione dei tuberi da seme: “metà del nostro business complessivo – spiega Romagnoli – , 33,5 milioni l’anno scorso (2013 ndr), deriva dalle patate da semina, non certo destinate ai mercati esteri”. Sempre nel 2013 la Romagnoli Spa ha immesso sul mercato 24mila tonnellate di patate italiane, di cui 16mila coltivate in Emilia-Romagna, per un valore redistribuito agli agricoltori locali di 7,5 milioni di euro.
Due anni di indagini
Dopo due anni di indagini, nel 2016, la Procura di Bologna chiude l’inchiesta. Su 23 indagati a 14 viene contestata l’associazione per delinquere. In primis Giulio Romagnoli, insieme ad Antonio Covone e all’ex responsabile nazionale acquisti ortofrutta di Conad Claudio Gamberini.
La condanna del carabiniere che ha svelato la presunta frode
Il paradosso di tutta la vicenda è che a essere condannato in primo grado è Michele Bacocco per rivelazione di segreto d’ufficio. Non solo. Bacocco deve anche pagare immediatamente circa 40.000 euro di danni. Secondo il Tribunale di Bologna avrebbe rivelato al programma tv Report, di Rai3, informazioni sull’inchiesta giudiziaria relativa alla presunta frode in commercio sulla commercializzazione delle patate sul mercato della Gdo, dove molti imputati, rinviati a giudizio, sono accusati anche di associazione a delinquere.
Condanna con molti dubbi
“Quello che io ritengo ingiusto – spiega l’avvocato del carabiniere, Domenico Morace – è che si sia pervenuti a sentenza di condanna sulla base di indizi assolutamente non univoci, per la semplice ragione che vi erano elementi all’interno del carteggio processuale che sollevavano diversi dubbi sulla colpevolezza dell’appuntato scelto Bacocco. Per quanto mi riguarda non poteva essere condannato sulla base di indizi dalla diversa lettura processuale. Aspetto di leggere le motivazioni della sentenza che ancora non sono state depositate, per poter esaminare e seguire il percorso logico del giudice”.
Ora ci sarà il ricorso in appello. “Purtroppo – aggiunge ancora l’avvocato – devo ravvisare un certo accanimento nei confronti del mio assistito, soprattutto se si guarda il trattamento ricevuto da altri indagati per lo stesso fatto. Francamente sono delle questioni che meritano attenzione. Argomenti ai quali ci dedicheremo e speriamo in un diverso giudizio da parte della Corte di Appello di Bologna”.
“L’appuntato Bacocco è stato al centro di un’attività piuttosto invasiva e fastidiosa che noi abbiamo addebitato al comando del gruppo Carabinieri forestali di Bologna. Ci sono delle cose che lui ha subito che francamente non hanno spiegazione, non hanno una logica, una giustificazione. Abbiamo denunciato penalmente i fatti e ci aspettiamo quanto prima un’attenzione da parte della Procura, affinché le indagini possano far emergere questi episodi che ha subito il mio assistito che ripeto erano del tutto ingiustificati”.
Di quali episodi si tratta?
“È stato privato della pistola senza motivo e mandato ad una visita medica senza alcun motivo. È, infine, è stato sottoposto a varie azioni di persecuzione”.