Pennadomo, il villaggio dello sperpero di denaro pubblico
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Costruito negli anni ’80 con fondi pubblici, mai aperto. Una storia di sprechi, silenzi e responsabilità che nessuno vuole affrontare.

C’è un luogo in Abruzzo che racconta meglio di ogni convegno, meglio di ogni piano strategico, cos’è stato – e cos’è – il rapporto tra politica, territorio e soldi pubblici. Quel luogo è Pennadomo, un piccolo borgo aggrappato alle rocce sopra il Lago di Bomba, dove il tempo scorre lento. E dove, negli anni Ottanta, fu costruito un villaggio turistico destinato a portare sviluppo.
Solo che quel villaggio non ha mai aperto. Nessuna accoglienza, nessuna inaugurazione, nessun turista.
E oggi, a più di 40 anni di distanza, la struttura è lì: completa ma deserta, dimenticata da chi l’ha voluta e pagata, silenziosa testimonianza di una politica che costruisce per l’oblio.

I FONDI PUBBLICI E LA PROMESSA DEL TURISMO

Siamo nei primi anni ’80. Il concetto di “rilancio turistico” dell’entroterra abruzzese è uno slogan politico diffuso.
La Regione Abruzzo approva una legge per finanziare infrastrutture turistiche attraverso le Comunità Montane.
La Comunità Montana Val di Sangro – l’ente comprensoriale competente per Pennadomo – presenta un progetto per un villaggio turistico. La Regione approva e trasferisce i fondi.
L’opera viene completata: il villaggio è costruito, in muratura, con vista sul lago. Un luogo potenzialmente perfetto.

MAI APERTO, MAI UTILIZZATO

Ma poi succede qualcosa.
O forse non succede proprio niente.
Il villaggio non apre mai i battenti. Non ci sono bandi per la gestione, non ci sono gestori privati, non c’è un piano operativo. Solo cemento che invecchia e silenzio che cresce.
Negli anni ’90, 2000, 2010… la struttura resta inutilizzata, senza spiegazioni ufficiali. Diventa una delle tante opere abbandonate d’Italia, ma con una particolarità: non è incompiuta, è semplicemente inutilizzata.

I DOCUMENTI CHE PARLANO

Zone d’Ombra ha ricostruito la vicenda attraverso documenti regionali e segnalazioni dei cittadini.
Nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo (BURA) del 1982, compare la legge di finanziamento. La delibera assegna fondi alla Comunità Montana Val di Sangro per costruire la struttura turistica.
Tutto documentato, tutto ufficiale.
Ma nei decenni successivi, nessuna voce istituzionale ha mai dato una spiegazione pubblica sul destino della struttura.

UN SIMBOLO DI QUALCOSA DI PIÙ GRANDE

Pennadomo non è solo un piccolo paese con una piscina abbandonata. È il simbolo di una strategia mancata, di un’occasione perduta, di un vizio tutto italiano: costruire, inaugurare (forse), abbandonare.
La vicenda fa parte di un più ampio sistema di opere simili realizzate intorno al Lago di Bomba, molte delle quali condividono lo stesso destino: realizzate con fondi pubblici e mai realmente avviate.
Il progetto “Il Soffio” a Colledimezzo, il Park Hotel a Pietraferrazzana, il centro “Isola Verde” a Bomba: opere nate con lo stesso obiettivo, molte finite allo stesso modo.

CHI DOVEVA CONTROLLARE?

A distanza di decenni, non è più solo una questione contabile.
È una questione morale e politica.
Chi doveva vigilare? Dove sono finite le relazioni finali? Chi ha deciso che tutto poteva rimanere lì, pagato e chiuso?
La Regione Abruzzo ha oggi strumenti per recuperare, valorizzare, rendere pubblico un bene già costruito. Ma non lo fa.
E anche le risorse del PNRR, che potrebbero trasformare il villaggio in un ostello, un centro sportivo, un punto turistico, non vengono destinate.

IL RACCONTO DEI CITTADINI

I cittadini di Pennadomo, intervistati da Zone d’Ombra, parlano di un senso di frustrazione e impotenza.
“Lo costruirono e lo lasciarono lì”, dice un abitante. “Ogni volta che lo guardo, mi viene rabbia. Poteva portare turismo, e invece… niente”.

UNA DOMANDA APERTA

Oggi, mentre si parla di rigenerazione, di turismo lento, di valorizzazione dei borghi, la struttura di Pennadomo resta lì.
E nessuno, né ieri né oggi, si assume la responsabilità di dire: “È stata una scelta sbagliata”.
Ma forse, un giorno, qualche turista potrebbe davvero arrivare.
A quel punto, però, qualcuno dovrà spiegargli perché siamo rimasti fermi così a lungo.

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