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In Italia tira una brutta aria. In italia c’è un governo, un po’ giallo e un po’ verde. Ma anche un po’ nero.

di Antonio Del Furbo

In Italia c’è un ministro, di lotta e di governo, un po’ fascio un po’ compagno. Poi c’è una magistratura, la solita magistratura, quella che arresta e mette manette ai polsi d’innocenti, di troppi innocenti. Ci sono giudici, i soliti giudici, che blaterano, che fanno politica e che vorrebbero la politica al cappio. E del cappio. In Italia ci sono tribunali che da oltre vent’anni sovvertono l’ordine democratico senza che nessuno ne parli, senza che nessuno denunci. Anzi, quei pochi che c’hanno provato sono finiti male, molto male. Lo stato non è di polizia, ma è molto peggio: è di aria giustizialista. Ho visto, da Nord a Sud, lacrime di persone innocenti mentre pm, in giacca e cravatta, erano pronti per le conferenze stampa del loro ego. Ora non serve più, per personaggi alla Piercamillo Davigo, fare processi perché gli italiani sono tutti colpevoli. Semplice. E a dirlo non è uno qualsiasi ma il presidente della II Sezione Penale, già presidente dell’Associazione nazionale magistrati e attuale membro del Csm. E pensare che per un tempo si era vociferato che Davigo potesse diventare consulente del governo e dell’inutile ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Un’ipotesi sfumata e che al solo pensiero mi mette i brividi. 

Questo è, comunque, il “modello giustizia” italiano che occupa spazi dal “mitico” 1992. 

E in questi quasi trent’anni,la politica, colpevole fino all’inverosimile, non ne ha azzeccata una. Una politica che, come minimo, avrebbe dovuto mandare i carrarmati davanti ai tribunali di tutta italia e far uscire con le mani in alto le schegge impazzite che hanno usato i diritti costituzionali sulle libertà dell’uomo come carta igienica. In Italia la brutta aria l’hanno prodotto il germe della violenza giustizialista e quattro decerebrati che, in nome del Dio della forca, pensavano di portare pace e benessere in Italia. Teste vuote che oggi, in gran parte, sono al governo a giocare sulla pelle di chi li ha votati ma anche di chi li avrebbe presi a calci sui denti dalla loro prima comparsata su qualche blog. 

Oggi la realtà è che abbiamo un presidente del Consiglio inesistente e un ministro del Lavoro (che non ha mai lavorato, tra l’altro) che, insieme a uno che prima odiava i terroni, governa l’Italia. Da una parte uno mandato in Parlamento con una decina di voti e sponsorizzato da una società privata, dall’altra uno battezzato con la pozione magica benedetta dall’attuale senatore Umberto Bossi sulle sponde del Dio Po. 

Oggi accade, dunque, che un Parlamento svuotato di poteri e di rappresentanze autorevoli, sia ancora più timido e indifeso rispetto ai poteri forti e delle lobby, specie davanti a quella dei giudici. Ministri che, semplicemente, posti difronte a multinazionali e a Società per azioni fanno ridere per la loro bassezza culturale. E non solo. Un Parlamento svuotato anche di credibilità dopo le marce sulla legalità e l’odio spacciato per giornalismo d’inchiesta da quotidiani e tv. Lobby di potere che, ogg come ieri, ammazzano l’anima degli italiani in nome del loro portafogli.

E oggi accade, dicevamo, che un ministro dell’Interno per capitalizzare voti sia costretto a fare continua campagna elettorale inasprendo ancor di più il clima di odio e intolleranza. È il capolavoro dell’individualismo fatto sulle ansie e sulle paure. E l’inasprimento radicalizza lo scontro politico facendolo finire, ancora una volta, nei tribunali. Ieri il nemico da abbattere era Silvio Berlusconi, poi Romano Prodi, poi i comunisti, poi i fascisti, poi Matteo Renzi e ora Matteo Salvini e la Casaleggio Associati.  

E oggi, com’era ampiamente prevedibile, arriva la magistratura, che indaga, che vuole capire, che blocca la politica. Arriva una denuncia nei confronti del ministro dell’Interno in cui si ipotizza il reato di istigazione all’odio razziale (legge Mancino), aggravata dalla posizione di responsabile di una pubblica funzione. Denuncia presentata da alcuni cittadini alla procura della Repubblica di Treviso. Ma, come se non bastasse, la Procura di Agrigento ha aperto un’indagine per sequestro di persona e arresto illegale sul trattenimento a bordo della nave Diciotti di 177 migranti

Chi ha dato l’ordine di non farla attraccare alla Diciotti? Proprio questo i giudici stanno cercando di capire. L’inchiesta, al momento, è a carico di ignoti. E,nel frattempo, la politica accusa un altro durao colpo. Lo stop allo sbarco è la linea dettata da Matteo Salvini fino a quando non si troverà un accordo sulla loro ripartizione fra i vari paesi dell’Unione. L’inchiesta, al momento, è ancora a carico di ignoti: qualora fossero individuate responsabilità da parte di esponenti del Governo la palla passerebbe al tribunale dei ministri. Sulla vicenda sta facendo accertamenti anche la procura di Catania che ha aperto un fascicolo di atti relativi finalizzato a comprendere se ci siano ipotesi di reato.

I magistrati di Agrigento starebbero per interrogare Salvini proprio sul caso Diciotti e le loro attività si stanno concentrando su altri due funzionari del ministero: Gerarda Pantalone, capo del Dipartimento delle Libertà civili e dell’immigrazione, e il vicecapo Bruno Corda. Nelle ipotesi della procura di Agrigento sarebbe coinvolta poi una terza persona: Matteo Piantedosi, capo di gabinetto di Salvini ed ex prefetto di Bologna. Sarebbe lui ad aver trovato “la gabola con cui giustificare la presa in ostaggio dei migranti”. Si parla di un’oscura convenzione che sarebbe stata stipulata fra il ministro dell’Interno e la Guardia costiera. Insomma, la procura è alla ricerca di chi avrebbe smistato sia l’ordine di non fare attraccare il natante con 190 disperati a Lampedusa sia la direttiva di vietare lo sbarco una volta arrivati a Catania dove è in corso una sorta di estenuante braccio di ferro fra il ministro Salvini e l’Europa.

“Interrogasse me, andasse dal capo. Non andasse a interrogare i funzionari, che svolgono le direttive che il responsabile dà, cioè io” attacca Salvini riferendosi al capo dei pm Luigi Patronaggio. “Se questo magistrato vuole capire qualcosa gli consiglio di evitare i passaggi intermedi. Siccome c’è questo presunto sequestratore e torturatore, sono disponibile a farmi interrogare anche domani mattina”.

Lo scontro tra politica e magistratura diventa più aspro quando un deputato della Lega, Giuseppe Bellachioma, scrive su Facebook:“Se toccate Salvini veniamo a prendervi sotto casa”

E, manco a dirlo, la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati non ha usato mezzi termini in merito, definendo quello che è accaduto “un fatto senza precedenti, tenuto conto della provenienza da un parlamentare, da chi dovrebbe rispettare l’attività che svolgono tutte le Istituzioni, tra esse la magistratura. L’Anm respinge ogni tentativo di interferenza e di intimidazione, assicurando che tutti i magistrati svolgono e continueranno a svolgere i propri compiti rispondendo esclusivamente alla legge, per cui ogni tentativo di condizionamento sarà vano”.

Il futuro, come avremo modo di vedere, sarà il probabile “arresto” di Salvini per metterlo politicamente fuorigioco. Nel silenzio tombale degli italiani a cui alla magistratura tutto permette.

 

antonio.delfurbo@zonedombratv.it

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