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Nel suo curriculum vanta la professione di agente di polizia penitenziaria e mafioso del clan di Caltanissetta. Si è messo a collaborare con la giustizia nel 2009, ma alcuni mesi fa, dopo la sentenza sulla “trattativa Stato-mafia”, ha chiesto di tornare di nuovo davanti ai magistrati che indagano sulle stragi Falcone e Borsellino.

Si chiama Pietro Riggio, 54 anni, uno dei pentiti che hanno parlato anche del leader di Confindustria Antonello Montante. Riggio dice che un ex poliziotto gli avrebbe “confidato di aver partecipato alla fase esecutiva delle strage Falcone e si sarebbe occupato del riempimento del canale di scolo dell’autostrada con l’esplosivo, operazione eseguita tramite l’utilizzo di skate-bord”.

I magistrati, da sempre scettici sull’ipotesi che a Capaci ci sia stato un “doppio cantiere” per la strage del 23 maggio 1992, non sono convinti delle dichiarazioni del pentito. La storia processuale sulle Stragi, infatti, racconta solo di uomini delle cosche presenti attorno all’autostrada dove furono uccisi Falcone, la moglie e gli agenti di scorta.

 “Ma perché non ha mai parlato prima di questo ex poliziotto?”, hanno chiesto il procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci e il procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco, il 7 giugno dell’anno scorso. “Fino ad oggi ho avuto paura di mettere a verbale certi argomenti, temevo ritorsioni per me e per la mia famiglia. Ma, adesso, i tempi sono maturi perché si possano trattare certi argomenti” ha detto Riggio. Dunque, una serie di dettagli su quel misterioso agente che hanno convinto la procura nazionale antimafia a convocare una riunione sulle nuove rivelazioni. Per approfondire il caso. Con Federico Cafiero De Raho si sono ritrovati i magistrati delle procure di Palermo, Caltanissetta, Catania, Reggio Calabria e Firenze, che si occupano a vario titolo di filoni riguardanti le bombe del ’92-’93.  

Le rivelazioni

Le rivelazioni di Riggio arrivano dal processo bis d’appello per la strage di Capaci, in cui il procuratore generale Lia Sava ha depositato alcuni verbali del collaboratore. L’ex boss fa il nome del “turco”, spiega di averlo conosciuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Nel 2000, viene scarcerato: l’ex poliziotto recluta il mafioso per fare parte di una non ben identificata struttura dei Servizi che si occupa della ricerca di latitanti. Riggio passa qualche notizia. In quel periodo alcuni investigatori della Direzione investigativa antimafia agganciano il mafioso nisseno. “Avrei dovuto dare loro una mano per la cattura di Provenzano, indicando le persone che erano in contatto con lui, insomma diventando una sorta di infiltrato” spiega Riggio. Riggio era cugino di Carmelo Barbieri, mafioso legato all’entourage del padrino di Corleone.

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