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Colpa di Stato

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Simona vive in una casa popolare a Chieti scalo. Divorziata, è rimasta senza lavoro con 3 figli da accudire. Le istituzioni sono assenti. Come sempre.

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Simona vive in una casa popolare a Chieti scalo. Divorziata, è rimasta senza lavoro con 3 figli da accudire. Le istituzioni sono assenti. Come sempre. Sindaco e amministrazione comunale passano dalle parti di via Salvo D’Acquisto solo in periodo elettorale e solo per promettere l’impossibile. Anche la Regione Abruzzo è silente sulla vicenda di Simona. «Ho scritto più volte a Gianni Chiodi ma non mi ha mai risposto» ci racconta la donna che vive da 7 anni in un appartamento fatiscente dell’Ater. «Ho scritto – aggiunge Simona – persino al Papa e al Presidente della Repubblica. Con soddisfazione ho avuto una risposta dal Segretariato della Presidenza della Repubblica che mi garantiva, in una lettera, particolare attenzione». L’impegno consisteva nel:«rimettere alle competenti Istituzioni territoriali il caso affinché, al riguardo, possano essere valutate con sollecitudine tutte le possibili iniziative di sostegno in sede locale». In pratica il Capo dello Stato delegava il Prefetto di Chieti Fulvio Rocco de Marinis, ad occuparsi della brutta situazione di Simona. Evidentemente, il buon Prefetto, non ritenne opportuno aiutare la donna e, con una raccomandata alla Presidenza della Repubblica, specificò di non essere in grado di adempiere a tale richiesta. Come dire: l’ordine del capo, da Norimberga in poi, non si esegue se è sbagliato. Peccato che, almeno per una volta, l’ordine impartito da Giorgio Napolitano era giusto e condivisibile. 

Simona ha lavorato presso il centro commerciale “Megalò” per mezzo della “Marche Service”, società di servizi integrati, che garantisce le pulizie all’interno del complesso commerciale. Dopo 13 mesi, per un incidente sul lavoro, Simona viene ricoverata in ospedale. La donna, mentre stava effettuando pulizie con il lava asciuga, cadde a terra per un guasto del macchinario. «Avevamo segnalato più di una volta alla ditta che il lava asciuga era difettoso ma non siamo mai stati ascoltati» racconta Simona. «Inoltre – aggiunge – eravamo in attesa da mesi di scarpe antinfortunistiche ma non sono mai arrivate». Le scarpe avrebbero evitato a Simona di scivolare sul bagnato e cadere a terra urtando la schiena e procurarsi lo schiacciamento di due anelli della colonna vertebrale. «Durante il ricovero la “Marche Service” mi telefonò più volte – continua Simona – per sapere cosa avevo detto ai medici». L’azienda comunicò all’INAIL, durante il ricovero, di fare la richiesta del pagamento dell’infortunio alla ditta che, a breve, procedette a inoltrare una lettera di licenziamento alla donna. Sostanzialmente Simona se non avesse avuto quell’incidente avrebbe potuto sperare in un terzo rinnovo del contratto e acquisire il diritto all’assunzione a tempo indeterminato. Dal momento dell’infortunio in poi Simona è stata lasciata sola dall’azienda per cui ha lavorato, da Megalò, dal sindacato e dalle istituzioni. La politica, che pare avere solo il compito di organizzare scandali giudiziari, si è totalmente disinteressata alla giovane mamma. «Mi hanno più volte invitata a stare zitta e non alzare questo polverone» ci racconta con un lieve sapore Simona. Alla nostra domanda di farci nomi e cognomi lei ci ha detto di avere paura e quindi di non riferirci chi, spesso, la chiama e la intima a non divulgare la sua storia. 

Un atteggiamento che sembrerebbe arrivare da ambienti istituzionali e che, senza mezze misure, definiamo mafioso. Chi vuole che Simona non parli? E Perché? Non solo la mamma disoccupata non viene aiutata ma deve subire anche l’oppressione di uomini di Stato che la minacciano. Cosa aspettano le Forze dell’Ordine ad andare da Simona e ascoltare ciò che lei subisce? I Vigili Urbani di Chieti, magari rinunciando per qualche ora alle passeggiate mattutine per corso Marrucino, perché non vanno a raccogliere la denuncia della donna? E il Prefetto, con i suoi 94mila euro annui, ha 10 minuti del suo tempo per raggiungere via Salvo D’Acquisto e rendersi conto della situazione di Simona? Ancora. Il sindaco Umberto Di Primio potrebbe trovare qualche minuto del suo prezioso tempo per andare in zona ATER, con tanto di fotografo personale al seguito, e preoccuparsi di risolvere la questione? Queste sono persone messe in posti di potere da noi e a noi devono dare conto. Io non sono interessato ai sorrisi, alle pacche sulle spalle e ai party a cui ama tanto partecipare il Prefetto di Chieti. Io voglio vedere uomini delle istituzioni risolvere i problemi della gente. Non voglio che un sindacato risponda a Simona di lasciar perdere:«perché 3mila euro sono pochi per intentare una causa contro l’azienda». 

Io voglio che certi avvocati e certi sindacalisti vengano arrestati.

di Antonio Del Furbo


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